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"Como specchio d'Italia: sicurezza prima emergenza"

Il direttore della «Provincia»: abbiamo fatto affiorare la sofferenza della gente per il fenomeno dei furti in casa

"Como specchio d'Italia:  sicurezza prima emergenza"

Diego Minonzio è il direttore della Provincia, storico quotidiano di Como con una tradizione più che secolare. La ricca città lombarda e il suo retroterra sono da tempo campo d'azione di una criminalità sempre più attiva e pericolosa, che penetra nelle case devastando e rubando. Un fenomeno che non è esagerato definire emergenza sociale e dal quale ha preso spunto il direttore del Giornale Alessandro Sallusti per denunciare nel suo articolo di fondo di ieri un «bollettino di guerra» che riguarda in realtà tutta l'Italia, vittima di una classe politica che sottovaluta i problemi concreti dei cittadini. La Provincia ha avuto il merito di lanciare una campagna di denuncia sistematica degli innumerevoli episodi di oltraggio al domicilio e alle proprietà dei comaschi, con risultati impressionanti e superiori alle attese.Direttore Minonzio, cosa succede a Como? È diventata la capitale italiana dei furti?«In realtà parliamo di un fenomeno che è riscontrabile ovunque nel Nord benestante, e non solo lì. Qui è diventato più visibile perché abbiamo deciso di denunciare ciò che accade specialmente in certi quartieri di Como, come Albate o Città del Sole, le cui case vengono letteralmente pettinate dai ladri. I social network hanno dato il via alle denunce, noi abbiamo dato loro voce: ne emerge una rassegna quotidiana impressionante».Significa che è un fenomeno in ascesa?«Non credo che sia più grave oggi rispetto a uno o due anni fa. Prima però era come sommerso, mentre ora viene a galla. Ed è importante che ciò avvenga, perché i furti in casa portano a tantissima gente non solo danni materiali, ma anche traumi psicologici gravi da cui si fatica a riprendersi.

Specialmente gli anziani ne soffrono le conseguenze per mesi, perdono il sonno e la fiducia nel prossimo: è una sofferenza profonda e diffusa».Che in Italia si tende a sottovalutare...«Purtroppo sì. È grave che simili reati vengano considerati, sotto l'influenza di una cultura buonista, di serie B: la sicurezza è invece l'emergenza sociale numero uno, più sentita di quella del lavoro».Qual è la reazione dei vostri lettori alla campagna di denuncia dei furti in casa?«L'interesse è fortissimo. Le notizie di ruberie e di truffe fanno schizzare gli indici di lettura sul nostro sito. E fatichiamo a moderare i toni delle reazioni di quanti vorrebbero la mano pesante della legge quando non la giustizia fai da te. Noi però non ci limitiamo a dar voce agli arrabbiati, che peraltro lo sono giustamente: cerchiamo anche di fornire un servizio utile, pubblicando ad esempio consigli su come meglio proteggersi».Chi è il ladro che entra nelle case dei comaschi?«Il più delle volte è un pregiudicato del settore, molto spesso italiano, anche se non mancano arresti di stranieri, soprattutto slavi. Purtroppo li prendono una volta su cento. Il problema vero però non sta nell'efficienza delle forze dell'ordine, che combattono una battaglia difficilissima con pochi mezzi: semmai è quello di una giustizia lenta e che dà poco peso a questi reati. Cosicché spesso questa gente viene presto scarcerata e torna a rubare ancor più convinta di rischiare ben poco».Ci sono stati casi di reazione violenta dei derubati?«Finora no. Solo qualche inseguimento e incontro ravvicinato. Ma prima o poi inevitabilmente accadrà».E la politica come risponde a questa emergenza?«Reagire strumentalmente è fin troppo facile e di parole ne sentiamo tante. Risposte concrete, purtroppo, poche.

Da ambo le parti, devo dire».

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