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"Via la concessione". Da Di Maio e Toninelli agguato ai Benetton

Per il ministero "Autostrade è inadempiente". Il vicepremier: "Noi avanti come un treno!"

"Via la concessione". Da Di Maio e Toninelli agguato ai Benetton

Si va verso la revoca della concessione ad Autostrade per l'Italia (Aspi). Secondo la relazione della commissione di esperti del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, pubblicata da Adnkronos, il crollo del ponte Morandi «ha comportato la mancata restituzione di un bene che, per via della concessione, era stato affidato ad Aspi, che era quindi tenuta a restituirlo integro». Questo configura un «grave inadempimento che consente la revoca unilaterale della concessione».

Il crollo, per i tecnici del gruppo di lavoro, lascia presupporre «gravi lacune del sistema di manutenzione che si possono ritenere sussistenti su tutta la rete autostradale» e che, pertanto, giustificano il venir meno del rapporto fiduciario tra lo Stato e Aspi, nonostante quest'ultima avesse iniziato un forte intervento di manutenzione straordinaria dopo il crollo. Sulla base di queste risultanze i tecnici avvalorano la revoca delle concessioni su tutto il territorio nazionale e non solo in Liguria.

Per altro sarebbe giustificata la risoluzione del contratto senza indennizzi, ma poiché è probabile che si apra un contenzioso le 62 pagine della relazione lasciano intendere che il giudice potrebbe decidere in favore della controllata dei Benetton. Per questo l'idea di Di Maio e del ministro Toninelli sarebbe quella di far pagare il risarcimento per il lucro cessante fino alla scadenza del 2042 (stimato in 20 miliardi) al concessionario subentrante.

«Andiamo avanti, come un treno! Un abbraccio alle famiglie delle vittime del Ponte Morandi», ha commentato su Facebook il vicepremier Luigi Di Maio sottolineando che «lo Stato, questo Stato, è con voi!» e ribadendo che «il diritto a indennizzo/risarcimento del concessionario sussiste nel rispetto del principio dell'affidamento», ma che «di fronte a gravi inadempienze come il Ponte di Genova è evidente che questo principio viene a mancare». Un'ulteriore stoccata contro quello che, in un altro post del pomeriggio, aveva definito «il partito dei Benetton che sta federando tutti gli amici degli amici che in questi anni hanno avuto trattamenti di privilegio e quando provi a togliergli le rendite, iniziano a ricattare». Aveva lasciato intendere come la strada fosse già tracciata. Atlantia, la holding che controlla Aspi, sarebbe stata punita. «Non sarà un titolo in Borsa a cancellare le loro lacrime», ha concluso indifferente alle probabili ricadute in Piazza Affari.

La realtà, però, è un'altra. L'invettiva contro il «partito dei Benetton che ha un solo obiettivo: andare contro il Movimento 5 Stelle» è solo un modo propagandistico di nascondere il fallimento pentastellato al ministero dello Sviluppo economico. Mercoledì prossimo Di Maio incontrerà al ministero i sindacati dei trasporti sulla vertenza Alitalia. E proprio l'inefficienza del titolare dello Sviluppo ha fatto sì che all'approssimarsi dell'ennesima scadenza rinviata (il 15 luglio) non si sia costituita ancora una compagine che sia in grado di rilevare quel che resta dell'ex compagnia di bandiera. I paletti troppo alti sul mantenimento dei livelli occupazionali e l'ostracismo nei confronti di Atlantia hanno reso più arduo il confronto. Ora non restare che sperare nel presidente della Lazio Lotito, nel gruppo Toto (che ieri ha confermato l'intenzione di partecipare alla cordata con Fs, Delta e Tesoro) e nella colombiana Avianca il cui intervento è subordinato a gestire direttamente il vettore.

Simile il pasticcio compiuto all'Ilva. Di Maio ha agevolato il giustizialismo M5s, consentendo che nel dl Crescita si eliminasse parzialmente lo scudo penale per i manager con il risultato che ArcelorMittal ha già fatto sapere di voler chiudere gli impianti. I posti a rischio sono 14mila.

Non basteranno le solite parole.

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