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"La condanna sconfessata dimostra che i giudici non sono stati imparziali"

L'avvocato Nicola Madia analizza i verdetti contrastanti della Cassazione firmati dallo stesso relatore: con una Corte diversa Berlusconi poteva essere assolto

"La condanna sconfessata dimostra che i giudici non sono stati imparziali"

Roma - Lo stesso relatore per due processi analoghi per frode fiscale con un finale opposto: annullamento della condanna per un mister X qualsiasi, conferma per Silvio Berlusconi con relativa perdita dell'agibilità politica del leader azzurro. Di questo processo, quello per i diritti Tv approdato in Cassazione ad agosto del 2013, se n'è parlato parecchio e sappiamo tutti come è andata. Dell'altro se ne sa molto meno. La sentenza risale al 20 maggio del 2014 e praticamente, anche se con termini giuridici, bolla come sbagliata la condanna di Berlusconi. E questo ora potrebbe riaprire la partita per l'ex premier. Anche per l'avvocato Nicola Madia, docente di Diritto penale presso la Scuola di specializzazione dell'università di Tor Vergata, questa nuova sentenza «ha dell'incredibile perché il relatore è lo stesso della sentenza Berlusconi e sulle stesse questioni si esprime in modo diametralmente opposto». «Qui - spiega l'avvocato Madia - viene dichiarato inesistente il reato di frode fiscale che invece ha portato Berlusconi alla condanna».

Su quali basi?

«Il reato di frode fiscale sussiste se nella dichiarazione del redditi inserisci elementi falsi oppure dichiari che hai sostenuto un costo che invece non hai sostenuto, quindi il responsabile del reato è colui che sottoscrive la dichiarazione falsa. Per le società è il legale rappresentante a presentarla, che nel caso di Berlusconi era Confalonieri, il quale è stato assolto perché ritenuto completamente ignaro. E oggi che dice oggi questa sentenza? Che in una situazione del genere non si può punire chi ha posto in essere delle frodi antecedenti alla presentazione della dichiarazione dei redditi, l'unica che rivela ai fini del reato fiscale».

Un principio che non trova posto tra le righe della sentenza Berlusconi?

«Questo principio è stato sconfessato nella sentenza Mediaset perché in quel caso nonostante Confalonieri fosse in buona fede e Berlusconi responsabile solo dell'operazione di compravendita dei film a prezzi gonfiati ma non anche di aver incitato qualcuno a presentare una dichiarazione fasulla, l'ex premier è stato ritenuto colpevole».

Questa interpretazione avrebbe potuto cambiare l'esito del processo?

«Certo, è una differenza radicale perché avrebbe consentito di assolvere anche Berlusconi dicendo “moralmente avrai pure fatto un'operazione che può avere degli scopi non chiari, ma non hai commesso la frode perché non hai partecipato alla fase di sottoscrizione della dichiarazione”».

In questa sentenza si afferma un principio consolidato nella giurisprudenza?

«Un principio garantista e si sottolinea che ha subito un'unica deroga, proprio con la sentenza Berlusconi».

Questa sentenza potrebbe servire per chiedere la revisione?

«Non credo, perché ci sarebbe un errore di diritto dei giudici che hanno interpretato male la legge, ma gli errori non conducono alla revisione, sono assorbiti dal giudicato».

Potrebbe però servire a spianare la strada davanti alla Corte di Strasburgo?

«Può senz'altro servire per dimostrare che la Corte che ha giudicato Berlusconi non è stata una Corte serena e imparziale e potrebbe contribuire a configurare la violazione dell'articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo, quella sul giusto processo. Perché il fatto che Berlusconi, unico caso in Italia, sia stato giudicato colpevole rispetto a un fatto che la giurisprudenza ha ritenuto non integrante la frode fiscale, contribuisce a denotare una mancanza di serenità e imparzialità del collegio. Tanto più se si considera che il relatore è lo stesso che ha poi smentito lo stesso principio dichiarando lui stesso che la sentenza Berlusconi costituisce un precedente isolato che non deve essere seguito».

Dopo la sentenza Berlusconi si erano diffuse delle voci su un disaccordo tra i giudici del collegio....

«Si era detto che il relatore fosse stato messo in minoranza e che fosse in disaccordo con il resto del collegio perché proprio sulla base di questo argomento avrebbe voluto annullare la condanna.

E secondo me questa sentenza avalla queste voci».

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