Cronache

Al confine con l'autonomia il referendum vale doppio

Decine di Comuni lombardi e veneti volevano passare in Trentino o in Friuli. Ora sperano sia la volta buona

Al confine con l'autonomia il referendum vale doppio

Federico Venturini è sindaco di Magasa (Brescia), paesino di grande fascino tra il lago di Idro e quello di Valvestino, e lavora a Riva del Garda (Trento) dove fa l'albergatore. Venti chilometri in linea d'aria, 55 di curve stradali e traffico. Fu il fascismo a staccare questa grande area prealpina dai resti dell'impero austroungarico. Ma certi legami sono difficili da recidere. La giustizia, per esempio. «Noi dipendiamo dal tribunale di Rovereto spiega Venturini e di solito devo portare là le schede elettorali. Domenica però il referendum è lombardo e il Trentino non c'entra. Sto ancora aspettando che mi dicano che cosa fare. Se un cittadino deve fare un ricorso al Tar non sa mai se andare a Brescia, a Trento o da entrambi». Oppure il catasto, che è rimasto quello asburgico con la doppia intestazione al Tavolare: «Di recente dovevo stipulare un atto, un notaio del Bresciano mi faceva un buon prezzo racconta Daniele Pace, sindaco di Valvestino ma non riusciva a interloquire con il Tavolare di Riva. Alla fine ho dovuto rivolgermi a un professionista trentino che sa come funzionano le cose».

Nove anni fa i Comuni di Magasa e Valvestino hanno votato un referendum per passare dalla Lombardia al Trentino Alto Adige perché secoli di storia si intrecciano con un presente complicato. Chi si chiede se saranno efficaci i referendum di domenica deve guardare a questi paesini arroccati su un altopiano struggente e alle decine di località del Veneto che hanno chiesto di unirsi al Trentino o al Friuli Venezia Giulia. Questi precursori non hanno ottenuto risultati immediati ma hanno avviato processi, messo in moto macchine complicate, fatto conoscere i problemi delle zone di montagna anche a chi vive lontano.

«Certo che vogliamo più autonomia», dicono i sindaci. Il che non significa tagliare i ponti ma rafforzarli, gestire meglio le spese, evitare sprechi, fare risparmiare soldi alla gente. «Più autonomia dovrebbe essere concessa a tutte le regioni che se la possono permettere», dice Pace. Il guaio sono i tempi lunghi e la disillusione. Sugli spazi elettorali non è appiccicato nemmeno un manifesto. I pochi rimasti a vivere da queste parti sono pensionati e la prendono con filosofia: «Ci vuol pazienza», tagliano corto. «Quando è stata creata la foresta demaniale dell'alto Garda, la più grande della Lombardia, pensavamo di poter stabilizzare qualcuno della zona come guardaboschi o guardacaccia, invece sono venuti tutti da fuori. E hai fatto giornata soltanto andare e venire da Brescia con i mezzi pubblici», allarga le braccia il sindaco Venturini. Per fortuna ci pensa il Trentino: saranno i vicini a finanziare in buona parte una galleria di 5 chilometri con la val di Ledro che taglierà fuori una quantità di tornanti.

Anche per questo nella Valvestino non c'è fretta: con il tunnel il passaggio al Trentino e la conquista dell'autonomia verrà da sé. Qui guardano a Sappada, nel Bellunese, dove il referendum per il passaggio con Udine è stato plebiscitario (71,7 per cento di votanti, 95 per cento di Sì) e il Senato ha già dato il primo via libera. «Quando una popolazione decide di votare in massa un referendum di questo tipo dice il sindaco, Manuel Piller Hofer esprime un malessere profondo». Sappada è più Carnia che Cadore. L'annessione al Veneto risale al 1852 e la nostalgia storica lascia il posto a questioni più prosaiche. «Passi il confine con il Friuli e vedi strade asfaltate come si deve, impianti di risalita finanziati dalla Regione autonoma, trasporti pubblici adeguati. Per avere gli stessi servizi noi dobbiamo pagare le tasse e in più autotassarci». Scontano una concorrenza sleale sancita per legge. Sappada ha tutte le carte in regola per ottenere la sua autonomia: il referendum, i pareri positivi delle due province e delle due regioni, la legge già approvata da un ramo del Parlamento. «Il provvedimento è in calendario alla Camera il 24 ottobre ma servirebbero i pareri di due commissioni e c'è il rischio di un altro rinvio. Forse non tutti credono all'autonomia, tra quelli che ci hanno dato il via libera, ma non possono andare contro un voto popolare così forte. È questo il valore del referendum del 22 ottobre: anche chi non ci scommette fino in fondo, alla fine è costretto a venirti dietro». Resta l'incognita del tempo: «Speriamo di chiudere la cosa in questa legislatura e che non si debba ricominciare da capo. Siamo in un limbo dal quale dobbiamo uscire presto».

Avviare la macchina, mettere in moto un processo. Non sono temi da campagna elettorale, quando bisogna promettere obiettivi chiari e tempi certi. «Ma noi veneti abbiamo pazienza», garantisce Ornella Noventa, sindaco di Lamon, sempre nel Bellunese. La terra che ha legato il suo nome ai fagioli è stato il primo comune veneto a votare per cambiare regione: era il 2005, da allora hanno votato 24 comuni, 16 per il passaggio al Trentino e 8 al Friuli Venezia Giulia. Il malcontento è diffuso, la richiesta di autonomia vastissima. «Dodici anni fa tornarono a votare molti nostri residenti all'estero dice il sindaco fu un gesto importante. Ma il nostro è un comune piccolo e le province diedero parere negativo».

Tuttavia il movimento autonomista portò frutti importanti. Il governatore veneto Giancarlo Galan e il presidente della provincia autonoma Lorenzo Dellai raccolsero l'avvertimento che veniva dai territori. Il Trentino stanziò fondi a favore dei comuni veneti confinanti, a ciascuno 500.000 euro ogni anno. Altri soldi possono arrivare alle località vicine per progetti che abbiano un secondo finanziatore. Ora quell'accordo si è stabilizzato in un fondo che realizza progetti in tutti i 48 comuni confinanti con le province di Trento e Bolzano. Racconta Noventa: «A Lamon con quel denaro abbiamo costruito nuove scuole elementari e medie, sistemato strade e piazze, messo a norma l'ospedale riabilitativo. Il passaggio al Trentino si è anestetizzato, la gente non ci crede più, ma il passo per una migliore distribuzione delle risorse è stato compiuto. I referendum hanno smosso qualcosa.

E domenica sarà importante dare un altro segnale di partecipazione».

Commenti