Cronache

Il coniglio dei record

Il coniglio dei record

C'è solo una cosa più triste dell'«asta record» del coniglio di Jeff Koons aggiudicato ieri a New York da Christie's per 91.075.000 di dollari (81.183.223 di euro). Ed è commentare l'«asta record» del coniglio di Jeff Koons aggiudicato ieri a New York da Christie's per 91.075.000 di dollari (81.183.223 di euro). Copiamo e incolliamo - volutamente - due volte la stessa tiritera per sottolineare un meccanismo di coazione a ripetere che, nel mondo del mercato d'arte ormai rappresenta la furba rappresentazione di se stesso. Si tratta di un refrein aureferenziale (o, se preferite, autorefreinenziale) in base al quale per ogni furbo ci sono almeno tre fessi disposti a farsi abbindolare da lui. Nel caso di Jeff Koons (furbo quanto le gallerie che lo rappresentano) i fessi in questione sono ben più di tre, se è vero com'è vero che a darsi battaglia per accaparrarsi il suo «iconico coniglio in acciaio inossidabile» (base d'asta, 50 milioni di dollari) è stata una frotta di international competitor che, solo per comodità, definiremo international fessitor.

In realtà gli estimatori del Rabbit realizzato nel 1986 sono sì dei fessitor, ma consapevoli e felici di esserlo; di più: sono ricconi che rappresentano la retroguardia di un'avanguardia (o viceversa) che connota la figura del nuovo collezionista 3.0

Il «mecenate» che ieri a New York ha messo mano al portafoglio è gallerista Robert Mnuchin, il padre del ministro del Tesoro Steven Mnuchin, seduto in sala accanto al collezionista Peter Brant; il coniglio veniva dalla collezione dell'editore di Conde Nast, S.I. Newhouse.

In soldoni (e non in senso metaforico) la differenza con passato è la seguente: prima i capolavori erano i quadri, ora i capolavori sono i «giocatoli». Dalle tele si è passati ai gonfiabili, come quelli nei luna park dove i bambini saltano, fanno capriole e rischiano di farsi male. Anche il nuovo proprietario del coniglio koonsiano rischia di farsi male, quando tra qualche anno scoprirà che il suo Rabbit forse non vale più nulla. Ma per uno che può sborsare 91 milioni di dollari il problema non è certo quello della svalutazione del pupazzone appena acquistato nella ludoteca di Christie's.

Nel caso di specie l'eventuale flop economico del coniglio è un aspetto secondario; vuoi mettere con l'impagabile soddisfazione di farsi un selfie con alle spalle il Rabbit delle meraviglie? Il neoproprietario della «scultura» simil palloncino da sagra di paese posterà l'autoscatto sui social diventando così parte istante dell'opera d'arte. Regalarsi l'immortalità attraverso un clic non ha prezzo: filosofia ben nota ai frequentatori dell'Evening sale, appuntamento clou per l'arte del secondo dopoguerra e contemporanea, sede perfetta per esaltare la quotazione borsistica di Rabbit, il quale - liscio come il nulla - «ha stabilito il nuovo record mondiale per un artista vivente».

Intanto il mantra mediatico rilancia, con toni stupefatti, il solito bla-bla a base di «record» e un pizzico di gossip, che, perfino tra i casari della bufala-art contemporanea, non guasta mai. Scopriamo così che «il re dell'arte kitsch Jeff Koons, 64 anni, noto anche per essere stato il marito della pornostar Ilona Staller in arte Cicciolina, ha riconquistato lo scettro di artista vivente più caro mai pagato in asta che gli era stato sottratto dall'inglese David Hockney lo scorso autunno». Si trattava di una tela. Roba vecchia.

Ora è tempo di conigli gonfiabili.

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