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Conte con il cappello in mano supplica la Ue: ora più deficit

Pressing del premier su Bruxelles in ottica manovra La mossa conferma lo scarso peso nell'Ue di Gentiloni

Conte con il cappello in mano supplica la Ue: ora più  deficit

Non proprio con il cappello in mano, ma quasi. La visita a Bruxelles del premier Giuseppe Conte, proprio all'indomani della presentazione del nuovo gabinetto von der Leyen, è sintomatica dell'estrema difficoltà che attanaglia l'esecutivo nel mettere a punto al prossima manovra di bilancio a fronte del solito rigorismo europeo.

La spia di questo malessere è proprio quella che con un effetto spin si cerca di presentare come la grande vittoria dell'Italia: l'insediamento di Paolo Gentiloni come commissario agli Affari economici. Una vittoria dimezzata, però, perché alla vicepresidenza c'è sempre il falco lettone Valdis Dombrovskis, con deleghe operative sulle materie economiche. «Guardate che Paolo Gentiloni ha aumentato le deleghe, andate a controllare», ripeteva ieri Conte.

E così nella sua visita di cortesia il presidente del Consiglio, che è riuscito a intessere buoni rapporti con la casta degli euroburocrati, ha cercato di patteggiare qualche concessione con Ursula von der Leyen. Il leitmotiv, ovviamente, è sempre il medesimo dei governi precedenti (Conte I incluso): scambiare la flessibilità in materia di investimenti «produttivi» con un programma di riforme per modernizzare l'Italia. «Abbiamo una stagione riformatrice che non si esaurisce in qualche mese, abbiamo bisogno di un po' di tempo, e in questo tempo vogliamo fare un patto con l'Europa per rendere l'Italia digitalizzata, vogliamo orientare completamente il nostro sistema industriale verso la green economy», ha detto Conte sottolineando che «il nostro obiettivo è la riduzione del debito, non stiamo dicendo che non vogliamo i conti in ordine ma lo vogliamo fare attraverso una crescita ragionata».

Analogamente non si può considerare casuale che il primo contatto del neoministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, sia stato quello con il presidente dell'Eurogruppo, Mario Centeno, in vista del vertice che inizierà domani a Helsinki. Nell'occasione, il titolare del Tesoro avrà incontri bilaterali con il ministro francese dell'Economia e delle Finanze Bruno Le Maire, con il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis e con il commissario agli Affari Economici e Monetari Pierre Moscovici. Certo, Gentiloni non è ancora in carica, ma l'attivismo di Gualtieri e di Conte spiega bene che alzare l'asticella dell'1,8% del deficit/Pil previsto per l'anno prossimo comporterà non pochi sacrifici per un Paese che aveva promesso 18 miliardi di privatizzazioni per ridurre il debito quest'anno senza però aver fatto nulla. E verso il quale l'asse europeo del Nord ha il fucile spianato.

Altrettanto sorprendente è l'irrituale sortita dell'Abi, l'associazione delle banche italiane, alla vigilia della riunione del Consiglio direttivo della Bce, il penultimo presieduto da Mario Draghi che a novembre cederà il testimone a Christine Lagarde nel quale è previsto un nuovo taglio dei tassi e il ripristino del quantitative easing per immettere liquidità nel sistema. Il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, ha inviato una lettera a Draghi e al governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, condividendo alcune riflessioni in merito alle scelte di politica monetaria. La Confindustria delle banche ha sostanzialmente ricordato che la sforbiciata al saggio d'interesse può «trovare ostacoli in misure regolamentari che riducono fortemente la capacità di erogare credito soprattutto alle imprese di più piccole dimensioni e che maggiormente soffrono nelle fasi di ciclo economico negativo». Inoltre, sono state richieste «misure che mitighino gli effetti negativi sulla redditività delle banche» del taglio dei tassi.

Un modo come un altro per ribadire che al sistema serve una vera scossa.

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