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Conte costretto a chiarire: "Nessun conflitto in Fiber"

Il premier risponde al «Financial Times»: «Le mie azioni appropriate». Russiagate, altre grane Usa

Conte costretto a chiarire: "Nessun conflitto in Fiber"

Uno-due di dispiaceri in lingua inglese per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, costretto a difendersi in contemporanea su due fronti: da una parte il Russiagate, col sospetto di collaborazioni irrituali dei servizi segreti italiani con i loro colleghi americani; dall'altro, vicenda più domestica ma anche assai meno fumosa, di un clamoroso conflitto di interessi tra il suo mestiere di avvocato e il suo ruolo istituzionale, culminato in un decreto governativo sulla stessa vicenda di cui si era occupato poche settimane prima in veste di avvocato.

É su questo versante che il premier mostra i maggiori segni di nervosismo, anche perché a lanciare l'attacco contro di lui è stato un organo di stampa estraneo ai giochi della politica italiana, il Financial Times, che due giorni fa aveva sollevato il tema delle consulenze prestate nel maggio 2018 dall'avvocato Conte alla società Fiber 4.0, controllata dal raider finanziario Raffaele Mincione e impegnata in una scalata a Retelit, colosso delle reti di comunicazione. Il 7 giugno il governo presieduto da Conte esercitò la prelazione per il controllo di Retelit. A rendere di scottante attualità la vicenda, il Financial Times scrive che i fondi impiegati da Mincione erano del Vaticano.

A botta calda, dopo l'articolo, Palazzo Chigi aveva diramato una replica per ricordare che il 7 giugno Conte si era astenuto dal partecipare alla riunione del governo. Ma non è bastato, e così ieri Conte scrive una lettera al quotidiano londinese ribadendo il concetto e sostenendo di «non esser stato a conoscenza del fatto che il principale azionista di Fiber 4.0 fosse un fondo diretto dal discusso finanziere Raffaele Mincione e che dietro quel fondo vi fossero capitali forniti dalla Segreteria di Stato della Santa Sede». Peccato che il legale di Mincione fosse all'epoca il professor Guido Alpa, amico e compagno di studio di Conte, lo stesso che lo nominò professore ordinario all'università dalla Campania: ma che gli avrebbe tenuto nascosto chi si celava dietro Fiber 4.0. Caso niente affatto chiuso: martedì Conte riferirà alla Camera sulla vicenda.

In contemporanea, arriva dall'America - via Fox News - l'ennesima puntata del Russiagate. Il ministro della giustizia Barr rilascia una intervista all'emittente in cui spiega di avere aiutato il procuratore speciale John Durham a cercare in alcuni paesi le prove del coinvolgimento dei «servizi» locali nelle manovre anti-Trump nel 2016. Nella versione riportata tre giorni fa dalla stampa italiana, Barr citava espressamente l'Italia tra questi paesi. Ieri Palazzo Chigi, parlando di «fatto gravissimo», spiega che Barr nell'intervista parla genericamente di «paesi che Durham pensava potessero avere informazioni utili», e di avere discusso di queste questioni «con quei paesi», senza mai citare l'Italia. In realtà chi ha ascoltato il nastro originale della Fox e letto la trascrizione ha notato che a fare esplicitamente il nome dell'Italia è l'intervistatore, e la risposta del ministro è di fatto una conferma.

Resta da capire perché Conte si agiti tanto, visto che i contatti tra Barr e i nostri servizi sono un dato ormai certo, e soprattutto che le eventuali magagne su cui Durham sta scavando risalgono al 2016, quando al governo non c'era lui.

A meno che il premier, raccogliendo un grido di dolore dei vertici dei nostri 007, non si stia incaricando di fare di tutto per tutelare la loro reputazione.

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