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Conti fuori controllo: Tria cerca 30 miliardi. Ma dopo le Europee

L'ipotesi: Def parziale per non far scoppiare i contrasti tra i gialloverdi prima del voto

Conti fuori controllo: Tria cerca 30 miliardi. Ma dopo le Europee

Il governo è al lavoro sul Def, il documento di economia e finanza che deve essere inviato alla Commissione europea. Il ministro dell'economia Giovanni Tria ha rassicurato che sarà presentato «entro i termini di legge» cioè il 10 aprile. Risposta alle indiscrezioni circolate nelle settimane scorse a proposito di un possibile rinvio del documento che contiene le previsioni ufficiali e misura gli effetti finanziari delle misure che il governo intende approvare nella legge di Bilancio.

Da allora nessuna nuova se non le indiscrezioni a proposito di esponenti del governo al lavoro per definire le proposte da inserire nel documento. Sia sul versante delle uscite (in particolare fisco) sia su quello delle entrate (una rimodulazione delle tax expenditures).

Ma negli ultimi giorni sono tornate a circolare voci interne al ministero dell'Economia. Tecniche, ma di peso. In sintesi, il Def sarà sicuramente approvato. Ma il documento potrebbe essere parziale. In sostanza il governo presenterebbe solo il quadro tendenziale, quello con le previsioni di crescita (al ribasso) e delle finanze pubbliche a legislazione vigente. Rinviato alla vigilia della legge di Bilancio il quadro programmatico, quindi la parte che contiene gli impegni per l'anno successivo.

Facile immaginare la spiegazione. Anche senza aggiungere nessun provvedimento di spesa la prossima legge di bilancio partirà da una manovra intorno a 30 miliardi di euro tra sterilizzazione degli aumenti Iva previsti dalla clausole di salvaguardia, spese obbligatorie ed effetti della minore crescita sugli obiettivi di finanza pubblica. Senza toccare niente, insomma, sarà già un Bilancio impegnativo.

Aggiungere altre misure complica il quadro. Succede sempre, ma questa volta potrebbe essere un po' peggio. Il governo non ha ancora digerito la legge di bilancio 2019, e le tensioni sul decretone (Quota 100 e Reddito di cittadinanza) sono un ricordo recentissimo. Mettersi a trovare la quadra sui progetti di Lega e M5s, diversi se non antitetici, sotto elezioni potrebbe nuocere al governo.

Ministri ed esponenti dei due partiti di maggioranza stanno lavorando ai prossimi provvedimenti bandiera. La Lega ad una riforma fiscale. Si pensa a una riduzione della prima aliquota Irpef dal 23% al 20%. Oppure la flat tax, rilanciata dal sottosegretario Armando Siri: aliquota Irpef unica al 15% per i nuclei familiari che hanno redditi fino a 50 mila euro e l'Ires al 20%. I Cinque stelle lavorano a una riduzione del cuneo fiscale. Per finanziare i nuovi interventi una revisione delle cosiddette tax expenditures e un taglio della spesa pubblica.

Tutti argomenti politicamente sensibili. Rinviare le scelte a dopo le elezioni servirebbe a non accentuare le tensioni politiche. Ma anche a evitare che il ministero dell'Economia debba includere altre misure elettorali in un documento che è ufficiale e sulla base del quale l'Europa ci giudicherà.

Il problema è che una decisione del genere non rispetterebbe né la legge italiana né le regole europee. Il governo Gentiloni nel 2018 presentò solo il quadro tendenziale, ma solo perché era il carica esclusivamente per gli affari correnti e non poteva prendere impegni per il prossimo esecutivo.

Il governo gialloverde è politico e in carica e non otterrà facilmente il permesso.

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