Cronache

"Continueremo a curare. Le alternative al fine vita l'unica strada possibile"

Il vicepresidente dei chirurghi italiani, Giovanni Leone: "Pronto a obiettare, sì a palliativi e sedazione profonda"

"Continueremo a curare. Le alternative al fine vita l'unica strada possibile"

Nel momento in cui ci sarà una legge sull'eutanasia, è pronto a dichiarasi medico obiettore. Giovanni Leoni, chirurgo all'Ospedale di Venezia e vice presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi FnomCeo, non ha dubbi a riguardo.

Tra Costituzione e coscienza, lei seguirà la coscienza?

«Sì. La libertà del medico è fuori discussione. Io continuerò a curare secondo scienza e coscienza. La mia coscienza. E poi è anche scritto nel giuramento di Ippocrate: 'Non darò la morte al paziente'».

Parla come uno che non accetta la morte.

«Il medico deve curare. Punto. Non sa quante volte ho visto il passaggio dalla vita alla morte dei pazienti. Me li ricordo tutti. Ovviamente dopo i primi casi ho assunto un atteggiamento più professionale, ma lo vivo sempre come un momento drammatico a cui non mi abituerò mai. Insomma è meglio se non si muore».

E quando non c'è più nulla da fare per un paziente?

«Ci sono le cure palliative. C'è la sedazione profonda, che è l'unico compromesso che posso tollerare e che reputo dignitoso. Se poi, con il dosaggio di morfina, il paziente muore sotto sedazione come 'effetto collaterale', va messo in conto. Altro è dare l'eutanasia a chi si è stufato della propria condizione di vita».

Cosa succederà tra voi medici quando si potrà morire per legge?

«Io credo che non sia per forza di cose il medico a dover interrompere la vita di una persona. Anzi, il medico è colui che cura. Si potrà fare in altre sedi».

La sua è una netta presa di distanza.

«Un conto è l'accompagnamento alla morte con la sedazione, un altro conto è essere obbligati a dare la morte. E soprattutto torvo assurdo inserire questa voce tra le prestazioni del medico. È una pratica opposta rispetto a tutto quello che abbiamo studiato, non si può chiedere una cosa del genere a un medico».

Però in certi casi si può eccedere nell'accanimento terapeutico.

«È sancito che le cure debbano essere proporzionate rispettando le conoscenze scientifiche, centrando ogni singolo caso e usando approcci terapeutici adeguati».

Detto con un esempio?

«Dai al paziente una soluzione anche in una condizione di vita estrema. Ad esempio, un malato di tumore al pancreas con metastasi avrà, nella fase estrema, un'occlusione intestinale. Accanimento sarebbe operarlo all'intestino, ma non è fattibile. Un aiuto vero è invece permettere di nutrirsi con un catetere venoso, senza che l'intestino venga più utilizzato dall'organismo».

Insomma, le sfumature che il Parlamento dovrà valutare sono infinite?

«E spero che la mia federazione venga consultata.

Avremo la nostra da dire».

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