Controriforma di D'Alema: via il governo, poi ci penso io
31 Agosto 2016 - 08:42L'ex premier: Renzi è diventato un politico come tutti gli altri Io mi dimisi per una sconfitta molto meno catastrofica
Renzi «ha perso la spinta innovatrice», dopo due anni «è diventato un politico come gli altri, con i peggiori difetti». Soprattutto da quando ha deciso di «cominciare da me la sua rottamazione». Massimo D'Alema si prende la scena alla Festa dell'Unità di Catania, in un faccia a faccia col ministro Paolo Gentiloni, e mena pugni come fosse sul set di Toro Scatenato: «Non c'è mai stata una simile violenza nel partito», accusa. E a riprova porta il suo esempio: certo, dice, con Veltroni o con Prodi lui aveva anche delle discussioni, ma mai avrebbe fatto loro quel che Renzi ha fatto a lui. Imbarazzo in platea, recuperato in corner quando grida: «Io mi dimisi da premier dopo una sconfitta molto meno catastrofica delle ultime comunali». Renzi invece «ha occupato la Rai, caccia i dissidenti: solo Berlusconi era arrivato a tanto». In ogni caso, lui al referendum voterà no: la riforma di Renzi va bocciata. Per farne un'altra, la sua.
Niente Bicamerali, stavolta: l'ex premier ha messo al lavoro «tre costituzionalisti», non meglio identificati, e ha cucinato «mezza paginetta» (altro che la sarabanda di articoli faticosamente riscritti da Maria Elena Boschi) con la quale ha dimezzato di netto tutti i parlamentari e corretto con un tratto di penna il bislacco bicameralismo all'italiana. Certo, a differenza della riforma Boschi quella D'Alema non è passata sei volte al vaglio del Parlamento, e per ora è tutta e solo nella testa del suo ideatore. Ma queste sono quisquilie e pinzillacchere, come direbbe Totò. «Sono pochi punti, molto chiari e avranno una larghissima maggioranza», assicura. Quanto ci vuole per approvarla? «Sei mesi». «Sì, sul web», replica Gentiloni. Risate in sala.
L'occasione per il lancio della contro-riforma dalemiana sarà la manifestazione della «Sinistra per il No» convocata per il 5 settembre a Roma per rianimare quella che all'ex premier sembra una campagna un po' sottotono: «In troppi cincischiavano», occorreva una sveglia. La critica è rivolta soprattutto alla minoranza Pd, che ancora non sa che pesci prendere. La stesura di un documento per il «No» è stata affidata al bersaniano Davide Zoggia. L'idea di alcuni era di renderlo pubblico prima del 5 settembre, per evitare di apparire a rimorchio di D'Alema. Ma Bersani e Speranza hanno frenato: con l'emergenza terremoto in corso, e il profilo ecumenico scelto da Renzi, c'era il serio rischio di apparire allo stesso elettorato Pd come i soliti piantagrane che si occupano solo di beghe interne. Di qui la decisione di disertare l'appuntamento dalemiano e di rinviare le grandi manovre: «Un documento ora sarebbe prematuro», confidano. E Zoggia stesso si occupa di giustificare la frenata: «Vogliamo un impegno formale a modificare l'Italicum. Se non arriverà, faremo le nostre scelte». Quando? La parola d'ordine è: aspettare il discorso con cui Renzi, l'11 settembre, concluderà la Festa dell'Unità a Catania. «Vedremo cosa ci dirà».
D'Alema su questo però si mostra assai più lucido: «Non polemizzo con Bersani, ma è chiaro che nessuno cambierà l'Italicum prima del referendum». E infatti Renzi non ha intenzione alcuna di promettere modifiche alla legge elettorale: «Aspetteremo la pronuncia della Consulta a ottobre, e poi si vedrà», dicono i suoi. Quanto alla minoranza, «toccherà a loro spiegare perché, dopo aver votato sì alla riforma in Parlamento, ora chiedono ai cittadini di votare No». Quanto agli attacchi di D'Alema, in casa renziana la replica è ironica: «Che dio ce lo conservi».