Politica

Il coraggio di parlare di cancro nonostante l'odio del web

Ha raccontato la malattia in rete per aiutare gli altri Ma gli «haters» non si sono fermati neppure ieri

Il coraggio di parlare di cancro nonostante l'odio del web

«Agli stronzi che mi augurano la morte o mi danno già per morta dico solo di smetterla perché ferite la mia dolcissima mamma». Nadia Toffa era una «iena», nel lavoro come nella vita. Combattente nata, non temeva di sguainare la spada e di difendersi con le unghie e con i denti. Nel momento in cui aveva deciso di rendere pubblica la sua malattia, il suo tumore, sapeva benissimo a che cosa sarebbe andata incontro. Lei, inviata e presentatrice del programma di Italia 1, conosceva i meccanismi della televisione, i fastidi dell'essere famosi e i pericoli dell'esposizione sui social. Non di meno aveva voluto condividere con tutti, chi la amava e chi non la sopportava, il suo calvario, raccontando passo passo la progressione della malattia, fin dalla rivelazione in una puntata delle Iene quando era riapparsa in tv dopo il malore del dicembre 2017, passando attraverso le cure, la chemioterapia, raccontata con foto, post, messaggi, impressioni, pensieri, libri, periodi di lontananza, di mutismo... E non nascondendo l'amarezza, la disillusione, la sofferenza per il riapparire della malattia dopo un primo segnale di vittoria oppure l'abbandono del compagno perché non riusciva a condividere con lei le terapie.

Però, si sa, il mondo dei social è bastardo e c'è ancora chi, nascondendosi dietro falsi nomi, è capace di scrivere le peggiori fesserie. C'è chi ha avuto il coraggio di digitare frasi come «Ci hai rotto con questa storia del tumore», di insultarla, addirittura di minacciarla di morte, lei già malata... Oppure di «congratularsi» per la sua dipartita quando ancora non c'era stata. Perfino ieri gli haters non si sono fermati. Lei certo ci rimaneva male, ma non si preoccupava tanto per se stessa, quanto per i suoi cari, la sua famiglia. In ogni caso, la sua scelta ha generato un grande dibattito sull'opportunità o meno di condividere in maniera così particolareggiata un dramma, quasi esibendolo. A chi le chiedeva perché sentisse il bisogno di raccontarsi e di esporsi alle critiche, rispondeva: «Ma perché dovrei rinunciare a essere me stessa nei momenti difficili? Perché mettere a tacere questo mio essere così estroversa, piena di voglia di vivere, di voglia di farcela e di voglia di condividere quello che mi accade? Solo per un falso pudore? Non ci sto. Rivendico il diritto di parlare apertamente della nostra malattia, che non è esibizionismo né un credersi invincibili». E a chi gli faceva notare che, però, non perdonava gli haters che la insultavano denunciandoli alla Polizia postale, lei ribatteva: «Non lo faccio per me. Ma perché questi gesti possono ferire profondamente qualcuno più fragile di me. Soprattutto i ragazzini. È una responsabilità che si devono prendere le persone che hanno visibilità».

Vulcanica fin da piccola, instancabile, sempre pronta ad andare oltre i propri limiti, inviata delle Iene a trent'anni, autrice delle inchieste più incandescenti del programma di Davide Parenti, era quasi naturale per lei esibirsi anche nel dolore. Fece infuriare altri «compagni di sventura» quando introdusse così il suo libro Fiorire d'inverno: «Ecco qui ragazzi, in questo libro vi spiego come sono riuscita a trasformare quello che tutti considerano una sfiga, il cancro, in un dono, un'occasione, una opportunità». In seguito precisò che non considerava il cancro un «dono» ma che lei «aveva provato a trasformarlo in un dono». Molte persone però si sentirono offese e ricevette molte critiche. Comunque, a parte gli eccessi, tutto questo scorrere di immagini e di parole, sarebbe bello che negli occhi e nella mente dei suoi fan e anche dei suoi odiatori rimanesse l'inno alla vita e alla lotta che lei ha rappresentato. «Vorrei dire alle persone che mi seguono di non mollare mai perché non sono sole». E, forse, grazie ai social, anche lei si è sentita meno sola..

.

Commenti