Cronaca giudiziaria

Corona, festa di fine pena. "E poi volo a Parigi"

Oggi l'ex agente dei fotografi finisce di scontare la sua condanna. "Ora posso parlare, dirò molte cose"

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La prima scarcerazione iniziò con un lancio di mutande dal balcone, questo nuovo inizio porta in sè, meno prosaicamente, un equivoco: secondo lui sarebbe già stato libero da ieri sera quando ha organizzato una festa di «fine pena» per la quale, accidentalmente, gli sono rimasti attaccati trentamila euro di guadagno dagli sponsor. Secondo l'Ansa, sarebbe libero solo da stasera a mezzanotte. Giovedì è stata comunicata ufficialmente la «liberazione anticipata» a Fabrizio Corona che, per effetto dello «sconto» di 45 giorni su ogni 6 mesi di pena concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, ha finalmente esaurito gli oltre tredici anni che gli erano stati inflitti come condanna. A San Vittore era finito nel 2006, ai tempi in cui era definito «il fotografo dei vip», per lo scandalo «Vallettopoli» alla quale seguì l'inchiesta condotta dai pubblici ministeri Henry John Woodcock e Frank Di Maio.

Poi, negli anni, Corona accumulò una serie di condanne passando più volte dal carcere ai domiciliari e viceversa, perché più volte gli sono state contestate violazioni delle prescrizioni. Uno sfibrante alternarsi di dannazione e redenzione, di guarigioni e ricadute, di invettive contro i giudici e di promesse di «voler cambiar vita». Complice il fatto che una condanna a oltre tredici anni sembrava veramente eccessiva per i reati dei quali si era vantato, Corona è sempre stato in grado di tirarsi addosso più paternalistica benevolenza che vera antipatia. Però è stato oggettivamente sfinente negli ultimi anni. Con questa coriacea ostinazione ad essere il primo nemico di se stesso. A commettere un'idiozia ogni volta che avrebbe potuto intravvedere la fine del tunnel, a non restarsene un po' buono senza provocare la legge.

Siamo curiosissimi e preoccupatissimi: chissà come si metterà nei «casini» adesso. Chissà cosa sarà la prima cosa che farà da uomo libero. «Andrò a Parigi. Non ho il passaporto dal 2010... è questa la prima cosa che faccio. Ci vado con la mia fidanzata, Sara Barbieri, con la quale convivo da due anni e che ne ha 27 meno di me» chiarisce subito Corona. In effetti non ha mai voluto tenere qualcosa per sè, il lancio di boxer dalla finestra ne è una dimostrazione lampante. Uno chiede, e lui risponde, magari non nella maniera più cristallina e definitiva del mondo, ma certo non è uno che si trincera dietro il silenzio. L'avesse fatto qualche volta, in questi anni, avrebbe evitato un sacco di guai. Invece, inesorabilmente, insiste. «Quando mi hanno comunicato il fine pena ero con Francesca Fagnani, avevamo appena finito di registrare la mia intervista per la prima puntata della nuova stagione di Belve (andrà in onda martedì, ndr) e io non ho provato assolutamente niente. Oltre al fatto che di testa mi sono sempre sentito libero, non sono mai riusciti ad ingabbiarmi davvero, credo che dal punto di vista giudiziario me ne abbiano fatte troppe. Ma ora sono libero di fare e soprattutto di parlare».

Dice che sono successe un sacco di cose in questi anni ma che alla fine non è cambiato quasi nulla: «Ho sempre una mia agenzia e continuo a fare quello che ho sempre fatto: soldi». Lavoro e denaro, il resto viene dopo. Spiega che non parla più con sua madre e con i suoi fratelli («da tanto tempo ormai, per le solite questioni»), che con Nina Moric (sua ex moglie e madre di suo figlio Carlos) ha interrotto i rapporti e che Carlos ormai vive con lui. Ma in effetti mogli, liti, fidanzate, scandali, fughe e banconote, tante banconote nel controsoffitto sono cose che Fabrizio ci ha sempre garantito anche da San Vittore, da Opera, dai domiciliari («ho una casa molto più bella di quella di prima», quella di Largo La Foppa da cui lanciava le mutande, per intendersi).

Smargiasso, affettuoso, imprudente. Come sempre.

È vero che sono trascorsi tredici anni, che sono successe un sacco di cose, che il suo mondo è cambiato («il gossip ormai è morto»), ma Fabrizio è rimasto sempre, sconsolatamente identico a se stesso.

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