Economia

Così hanno cancellato il ceto medio

Gli effetti della crisi: dal 2007 tre milioni di famiglie sono precipitate in una situazione di maggior incertezza economica

Se è vero, com'è convinzione ormai diffusa, che la crisi è finita, è arrivato il momento di calcolare i danni che ha provocato. Dallo studio annuale sul risparmio di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, presentato ieri, emerge un fatto drammatico, di grande portata sociale: l'impoverimento degli italiani è stato tale da sconvolgere profondamente la classe media, che si è assottigliata fino a rappresentare ormai solo il 38,5% del totale delle famiglie, quando nel 2007, l'anno di avvio della spirale discendente, la percentuale era del 57,1%. Sette milioni di italiani, ovvero 3 milioni di famiglie, hanno perso questo ancoraggio economico-sociale, precipitando in una condizione di maggiore incertezza. Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, ieri ha osservato: «Il ceto medio è il fondamento della democrazia così come la si concepisce in Occidente, un sistema entro cui funzionano gli ascensori sociali che consentono alle forze vive di emergere senza drammi. Altrimenti le forze vive si rifugiano o nel populismo o nell'estremismo, rischi che vediamo emergere in molte zone del mondo e del Mediterraneo». In altre parole, la stabilità economica, fonte di benessere materiale, è uno dei grandi presupposti per la serenità della convivenza sociale. La stessa definizione della classe media è di natura economica, e viene indicata come quella parte di popolazione che ha un reddito mensile tra i 1.826 e i 3.043 euro. La classe media ha tagliato le spese per automobili, vacanze, alberghi, ristoranti, spettacoli, cure mediche. Ma continua a investire sulla formazione dei figli. Le fasce di età più giovani dichiarano la sensazione di aver fatto un passo indietro rispetto al tenore di vita dei propri genitori: è quasi il rompersi di un tacito patto tra le generazioni.

All'impoverimento degli italiani fa riscontro - sempre secondo lo studio Intesa-Einaudi, basato su un campione di 1.076 famiglie interpellate dalla Doxa - una ripresa del risparmio. Sembra una contraddizione, ma non lo è: perché il risparmio, che ha spesso una connotazione precauzionale, «risponde a un sentimento di incertezza: se il contesto induce a sicurezza, si risparmia di meno e si consuma di più, perché l'economia procede per aspettative» ha sottolineato il capo economista di Intesa, Gregorio De Felice. Oggi il 43,7% delle famiglie riesce a mettere da parte qualcosa, percentuale salita di 5 punti rispetto al 2012.

Il risparmio per gli italiani è una vecchia tradizione, e lo stock di patrimonio messo da parte negli anni ha valori vertiginosi: 10mila miliardi di euro - quasi cinque volte il debito pubblico dello Stato - se si considerano anche gli immobili di proprietà, 4mila miliardi di euro considerando soltanto le attività finanziarie. Ha osservato ieri De Felice, commentando la scarsa propensione agli investimenti mobiliari degli italiani: «Se questo patrimonio avesse un rendimento solo dello 0,5% in più, sarebbero 20 miliardi aggiuntivi per le famiglie». Invece si tratta di accantonamenti prevalentemente passivi, dominati dalla prudenza. Sempre De Felice ha portato un dato riguardante la Borsa italiana: a fine 2014, solo il 15% della capitalizzazione era in mano alle famiglie italiane, direttamente o attraverso fondi; il 42%, invece, apparteneva a soggetti stranieri. Significa che questi ultimi credono nell'Italia più dei nostri connazionali.

In ogni caso, proprio i mercati finanziari nel corso del 2014 hanno generato un aumento del rendimento totale della ricchezza finanziaria investita del 9% (3% nei primi quattro mesi del 2015).

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