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Così il Maxxi della Melandri "divora" i fondi per i musei

Così il Maxxi della Melandri "divora" i fondi per i musei

Sono anni che Dario Franceschini promette invano una "rivoluzione" nel settore dei beni culturali che dovrebbe razionalizzare fondi e risorse per i musei italiani. Ma per quello che dovrebbe essere il fiore all'occhiello di un Paese come l'Italia che fa del turismo e della cultura uno dei suoi assi portanti, una riorganizzazione sembra ancora ben lontana.

Eppure, come denuncia oggi Vincenzo Trione sul Corriere, la vera "anomalia italiana" è il Maxxi di Roma presieduto da Giovanna Melandri. "Si tratta di una struttura che appare ancora irrisolta e incompiuta", spiega Trione, "Ha costi di gestione molto elevati; un personale gonfiato rispetto a qualsiasi analoga istituzione museale europea; spazi espositivi più scenografici che funzionali e non ha ancora assunto un ruolo centrale nel panorama internazionale". Non solo: il museo di arte contemporanea stenda ad ampliare la sua collezione permanente e soprattutto "non è mai diventato davvero un luogo popolare".

Ma c'è un altro dettaglio che non deve passare inosservato: "il Maxxi assorbe il 50% dei fondi del Piano per l’arte contemporanea approntato dal Mibact".

In soldoni: la metà dei fondi destinati ai musei d'arte contemporanea finiscono nella Fondazione della Melandri grazie a un "sistema di potere consociativo romano di cui il Maxxi è clamorosa (e inquietante) espressione".

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