Politica

"Così non si va avanti". Luigino assediato dai suoi

Duro documento dei senatori. L'ira della base

"Così non si va avanti". Luigino assediato dai suoi

Di Battista, Casaleggio, Fico, Grillo. I gruppi parlamentari, la «base», i territori. Nel Movimento lacerato, «dove ormai ognuno parla per sé come nel Pd», così dice un senatore, il capo politico Luigi Di Maio è sempre più sotto assedio, nonostante i tentativi di minimizzare la crisi interna che arrivano dal gruppo più vicino al vicepremier grillino. Dalle parti del cerchio magico, la panacea di tutti i mali è una riorganizzazione che, nelle intenzioni di chi l'ha partorita, dovrebbe ridare vitalità ed efficienza alla creatura fondata dieci anni fa da un comico genovese e da un imprenditore milanese convinto che la «rete» avrebbe guidato i processi decisionali della politica.

Ma, per il momento, a riorganizzazione in alto mare, occorre elencare i fronti su cui Di Maio dovrà combattere per non farsi sfuggire dalle mani il giocattolo pentastellato: Tav, autonomia, strapotere della Lega di Matteo Salvini nel governo. Su quest'ultimo tema è incentrato un documento preparato ieri dai senatori del M5s e indirizzato al capo politico. Durante l'assemblea pentastellata a Palazzo Madama in molti hanno messo in discussione la linea di Di Maio e confezionato un testo in cui si chiede a «Luigi» di rialzare la testa nei confronti degli alleati del Carroccio. È tutto un «così non si va più avanti» e un «dobbiamo fare qualcosa». Tra le voci critiche anche senatori non certo bollati col marchio della dissidenza, come Mario Michele Giarrusso e Gianluigi Paragone. A fare da sfondo a questo finale estivo di battaglia parlamentare le 6 mozioni sulla Tav, tutte al voto oggi. Tra cui quella grillina per lo stop all'opera, che sarà appoggiata soltanto dal M5s compatto, nonostante le minacce di Salvini sulla tenuta del governo.

Intanto sale la febbre delle proteste della base. Basta dare un'occhiata ad alcuni commenti sotto ai post Facebook di Di Maio per rendersi conto del disagio. Daniela Albano, consigliera comunale No Tav di Torino scriveva prima del voto sul dl Sicurezza bis: «Ma smettetela. Siete ridicoli e con i 2 voti di oggi e domani perderete anche quegli ultimi che finora non hanno avuto il coraggio di abbandonarvi. Chi ti ha mandato per distruggere il M5s?». Luca Marelli prende in giro il capo politico: «Con molta humilté da apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno a mi godrò un'aragosta in Costa Smeralda è un attimo, vero Giggino?». Ancora Salvio Cozzolino: «Giggì ma le dirette streaming nel Parlamento, le hai abolite insieme alla povertà?». Roberto Comegna è lapidario: «Ci siamo suicidati».

Nei territori soffiano forti i venti delle divisioni. A Torino è già cominciata la battaglia per il dopo Chiara Appendino tra «pragmatici» e «ortodossi», in una riproposizione in miniatura, ma più pericolosa, per Di Maio, di quanto accade a livello nazionale. Nell'altra regione pilota del grillismo, l'Emilia Romagna, a pochi mesi dalle regionali la base è disorientata per il mezzo passo indietro del plenipotenziario locale Massimo Bugani.

Nel M5s bolognese c'è chi taglia corto: «Bugani, anche in previsione delle prossime regionali, ha trovato un modo per prendere le distanze dalla politica di Di Maio a Roma e salvare la faccia, qui lui continuerà a tirare le fila».

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