Politica

«Così in sala operatoria abbiamo ucciso una donna»

Chirurgo si sfoga con un collega: «La paziente è stata fatta morire deliberatamente». La confessione finisce sul web. Aperta un'inchiesta

Una brutta storia. Che sotto il profilo investigativo presenta addentellati indiziari decisamente inconsueti. A cominciare da una clamorosa registrazione in cui un chirurgo confessa a un suo collega di aver «lasciato ammazzare deliberatamente una paziente» sottoposta nell'ospedale San Carlo di Potenza a un intervento per la sostituzione di una valvola cardiaca. E qui ci fermiamo un attimo. Perché questa «registrazione-choc» è già di per sé un giallo: chi ne è l'autore? (il chirurgo «pentito» o il suo collega che ne raccoglie lo sfogo?); per quale ragione è stata fatta?; quanto detto corrisponde alla realtà?; com'è finito il nastro sul sito del quotidiano online Basilicata24 ?. Fra tanti dubbi, una drammatica certezza: la morte assurda di una paziente settantenne, entrata in sala operatoria la mattina del 28 giugno 2013 per un intervento di routine e morta otto ore dopo a seguito di un «incidente operatorio» sui cui la Procura di Potenza sta indagando da un anno; un fascicolo giudiziario che ora potrebbe essere completamente scompaginato dall'agghiacciante registrazione .

Nessuno ipotizza una «polpetta avvelenata», benché alcuni profili della storia si prestino a non poche dietrologie: faide nel settore sanitario, protezioni e padrinaggi politici, omertà, nervi scoperti tra inquirenti e ambienti giornalistici (il direttore editoriale di Basilicata24 di recente è stato indagato per simulazione di reato ndr ).

Ma cosa si sente esattamente nella videoregistrazione dello scandalo datata «inverno 2013»? Uno dei chirurghi, il dottor C., si rivolge a un altro medico con queste parole: «Io ho un cruccio, ho lasciato ammazzare deliberatamente una persona; sono giorni che vado a dormire e penso a questa cosa. Perché tu puoi ammazzare un cristiano in mille modi ma non deliberatamente». Il chirurgo accusa il primario di aver voluto ignorare il caso per evitare grossi guai: «Se lo sapeva (riferendosi al primario ndr ), lo ha fatto apposta e io gli ho lasciato ammazzare una persona. Io se avessi coraggio dovrei andarmi ad autodenunciare ma alla fine verrei licenziato, alla fine sarei io quello licenziato, perché lui è coperto dalla politica che lo salva. Il dottor G. (membro dell'équipe cardiochirurgica impegnata nell'intervento ndr ) era inebetito, era spaventato, lui (il primario ndr ) è arrivato un bel po' di tempo dopo ed era ancora più spaventato, ha clampato l'arteria recisa e basta. Poi gli ha fatto l'intervento, così poi potevamo dire che la paziente era morta per una complicanza non legata all'intervento, ma legata a questa lacerazione (...). Lui (sempre il primario, ndr ) mi odia perché lo tengo per i coglioni. Sono quattro contro uno e io vengo buttato fuori dall'ospedale, di fronte a queste cose la giurisprudenza non è veloce. Intanto ti sospendono e tu rimani mesi e mesi a casa a non fare un cazzo, hai capito? Così funziona. Io se avessi fatto quello che avrei dovuto fare mi avrebbero subito sospeso». Fin qui la videoregistrazione. Il volto del medico che parla non appare mai. Ma risalire alla sua identità sarebbe facilissimo.

Del resto per trovare tutti i nomi dei protagonisti (che noi non facciamo per rispetto dell'inchiesta giudiziaria in corso, ndr ) basterebbe leggere il dettagliato resoconto di Basilicata24 , le cui fonti attestano quanto segue: «A iniziare l'intervento è il dottor G. (che non doveva essere in sala operatoria essendo appena reduce dal turno di notte), il quale commette un grave errore: rompe la vena cava superiore della paziente. Viene immediatamente chiamato il primario, professor M., il quale invece di riparare la vena, la chiude con un clamp (morsetto chirurgico) per bloccare l'emorragia. Si sa che il clampaggio totale se protratto oltre alcuni minuti causa la morte cerebrale del paziente. Quel clampaggio dura oltre un'ora e mezza. Assurdo. Infatti nessun manuale di cardiochirurgia e nessun protocollo possono mai autorizzare il chirurgo al camplaggio della vena cava. Il primario intanto procede all'inutile intervento di sostituzione della valvola aortica e tenta di riparare alla meglio la vena cava. Ma ormai è troppo tardi, la paziente è morta».

Le fonti con cui Basilicata24 sostiene di aver controllato la veridicità dei fatti ipotizzano dunque che sia stata operata una «donna cerebralmente morta come se fosse viva». Tappa successiva: un paradossale trasferimento in terapia intensiva. Confermato dal registro operatorio: «La paziente viene condotta in terapia intensiva post-operatoria, all'arrivo condizioni emodinamiche instabili P.A. 50/20, dopo circa 15 minuti dall'arrivo, arresto cardiocircolatorio irreversibile. Ore 17.00 Exitus».

Ma le cose sono andare davvero così? La Procura è al lavoro. La direzione sanitaria del San Carlo di Potenza garantisce «la massima collaborazione alla magistratura» e, nel contempo, minacce querelo contro chi diffamerà il buon nome dell'ospedale e dei suoi medici.

Frasi già ascoltate in passato.

Perfino nei peggiori casi di malasanità.

 

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