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"Così vogliono censurare le critiche all'islam politico"

L'esperto di estremismo Lorenzo Vidino: "Quell'ideologia contrasta con i valori occidentali. Può e deve essere giudicata"

"Così vogliono censurare le critiche all'islam politico"

L'islamofobia? «È ormai un'arma usata da soggetti che hanno un'agenda politica chiara. Il loro obiettivo è censurare qualsiasi discorso sull'islamismo». Lorenzo Vidino è direttore del Programma sull'estremismo alla George Washington University di Washington Dc, esperto di jihadismo e politiche governative contro la radicalizzazione.

Il rapporto sull'islamofobia europea, finanziato dalla Ue, sostiene che l'islamofobia in Italia sia reale. È così?

«Se per islamofobia intendiamo l'odio contro islam e musulmani, esistono sentimenti di razzismo sui musulmani in Italia, come su altre comunità. Ciò che è problematico è che l'islamofobia venga utilizzata per mettere il bavaglio a qualsiasi critica sull'islamismo».

Vuole spiegarci la differenza tra islam e islamismo?

«L'islam è la religione, l'islamismo è l'ideologia che utilizza la religione per uno scopo politico. La differenza è fondamentale. Se un dibattito sulla religione è sempre legittimo, in certi limiti, e ogni Paese interviene a livello penale su eventuali eccessi, ancor più legittima è la critica di un'ideologia politica molto problematica come l'islamismo, che è liberticida e in netto contrasto con i valori occidentali».

L'islamofobia è diventata un paravento contro le critiche all'islam politico e radicale?

«Il problema è proprio questo, si fa di tutta l'erba un fascio. Si mettono insieme episodi violenti di razzismo e si accomunano ad azioni e parole di chi, in maniera civile, esprime preoccupazione sull'avanzare dell'ideologia islamista. Il paradosso è che il problema è più forte in Occidente».

È più difficile parlare di islamismo in Occidente?

«Persino in Arabia Saudita e più in genere nei Paesi a maggioranza musulmana è più facile parlare di islam politico. In Occidente c'è un mix di ignoranza e politically correct, che viene sfruttato dagli islamisti e rende più difficile un dibattito costruttivo. Anche perché l'accusa di razzismo più di ogni altra manda in soggezione l'interlocutore».

Com'è possibile che per un dossier sull'islam, la Ue dia credito e finanziamenti a una fondazione legata al presidente turco Erdogan, che punta spesso il dito contro l'Occidente e i suoi valori?

«Non mi stupisce, si tratta in una dinamica abbastanza comune. Causata da un insieme di fattori, che sono spesso la faciloneria a livello burocratico e una certa pigrizia. In sostanza la Ue dà fondi contro l'islamofobia, come è giusto che sia, ma non va a fondo per capire con chi interagisce. Si limita a criteri formali e non sostanziali di supervisione. Non finanzia terroristi o criminali bensì soggetti che dal punto di vista formale avranno anche un dottorato, ma a un'analisi più politica non hanno neutralità e obiettività necessarie. Nel caso specifico, Seta è il think tank di Erdogan, il centro studi di riferimento del partito Akp».

Dove cresce e prolifera l'islamismo in Europa?

«Dobbiamo distinguere fra islamismo violento e non violento. Il primo prolifera in cercare, sul web, e l'attrattiva dell'ideologia jihadista ha fatto presa tra le seconde e le terze generazioni del centro-nord Europa, meno in Italia. Poi c'è l'islamismo non violento. I tedeschi lo chiamano legalista. Non opera in maniera illegale, ma nei limiti della legge, con attività che a lungo andare sono problematiche per la coesione sociale, disaggreganti e persino sovversive».

Nelle scuole per esempio?

«Sì, le scuole dove si predica un'adesione all'islam radicale e i luoghi in cui il mondo viene descritto come un posto dove esistono i musulmani da una parte e poi gli altri e dove il ruolo della donna e la libertà di religione sono percepiti in maniera diversa dal sentire comune in Europa».

Ma anche dai diritti fondamentali.

«Sì, entrambi. Non a caso il governo austriaco sotto il cancelliere Kurz ha individuato nelle scuole uno degli ambienti principali su cui intervenire. Partendo da piccoli segnali, come quando si dice ai bimbi che andando alla festa di compleanno di un compagno cristiano si finisce all'inferno. A Vienna i bambini di religione musulmana sono attorno al 30% nelle scuole primarie. Inculcare questa mentalità crea problemi nel medio e lungo termine».

Chi sono le principali vittime dell'islamismo?

«In primis sono i musulmani. La prima forma di pressione, sociale e anche fisica, viene esercitata su chi, nella comunità musulmana, non sottostà a questa visione. L'ideologia islamista vede chiunque non la pensi come lui come un nemico.

Ma l'islamismo e le forme di antisemitismo nella comunità musulmana sono una delle ragioni principali per cui l'Europa sta diventando un luogo inospitale per gli ebrei».

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