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Dal crac di Taranto alle baruffe su tasse e stranieri. La via crucis del governo fa soffrire solo gli italiani

Veti, minacce, accuse: Pd e grillini divisi su tutto. Zingaretti: "Trattare ormai è dura"

Dal crac di Taranto alle baruffe su tasse e stranieri. La via crucis del governo fa soffrire solo gli italiani

Quattro dossier (Ilva, prescrizione, plastic tax e Ius soli) paralizzano l'azione dell'esecutivo giallorosso. Il presidente del Consiglio Conte è ostaggio delle forze di maggioranza. Se non vi fossero le scadenze elettorali (Emilia Romagna e Calabria) e l'approvazione della manovra, il premier avrebbe una strada da percorrere: salire al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato Mattarella. Il governo è finito nel pantano. Fermo e litigioso.

Pd, Cinque stelle e Italia Viva si azzuffano tutto. Difendendo posizioni, un po' per calcoli elettorali, completamente agli antipodi. Qual è la strategia di Conte? Uscire di scena. Tirarsi fuori dalla diatriba. Scappare da un scontro senza tregua che va avanti (sulla pelle degli italiani) a colpi di veti, minacce e smentite. Mantenendo (stretta) la poltrona a Palazzo Chigi. Il governo è un'auto in panne. Anche l'ultimo vertice di maggioranza sulla prescrizione si è concluso con un nulla di fatto. I dem insistono sulla necessità di modificare la riforma Bonafede. Dall'altra parte della barricata, i grillini non vogliono assolutamente rinunciare a un loro cavallo di battaglia. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede difende la misura: «Lo stop alla prescrizione non avrà nessun effetto devastante o di apocalisse». Ma mette sul tavolo due modifiche. La prima, ha spiegato il ministro al riguarda una «corsia preferenziale per chi è stato assolto in primo grado: se lo richiede, il suo processo avrà una trattazione urgente in appello, per cui durerà solo alcuni mesi». La seconda proposta è un «accesso agevolato a un indennizzo per chi ha subito un processo che ha sforato i termini previsti». Ma dal Nazareno arriva il no. Le parti restano distanti. E restano lontanissime anche sul tema Ius soli. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti vuole la cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia. Richiesta considerata una provocazione da Luigi di Maio - che dalle pagine del Corriere della Sera sbarra la porta: «Per le strade la gente non mi ferma per chiedermi lo Ius soli. Mi chiede lavoro, meno tasse, liste di attesa negli ospedali più veloci. L'Italia non è un prodotto da campagna elettorale. Milioni di famiglie aspettano risposte. É un tema che non è mai entrato nel programma di governo, né entrerà ora».

Ma il Pd non demorde e minaccia il corpo a corpo: «Lo Ius Culturae non c'è sul programma di Governo. Ma c'è il Parlamento. Io sono convinto che alle Camere sullo Ius Culturae non ci sia questa grande opposizione, anzi c'è grande apertura. Io penso che ci si debba lavorare» ribatte Graziano Delrio, capogruppo dei democratici a Montecitorio. Due questioni che accompagnano l'iter, già infuocato, per l'approvazione della legge di bilancio. Il terreno di scontro è sulla plastic tax». La maggioranza si azzuffa. Ieri il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, intervenendo in Aula, ha ribadito l'importanza del provvedimento. Da Palazzo Madama, immediata, è arrivata la risposta di Pd e Italia, con gli 80 emendamenti segnalati alla legge di Bilancio tra cui la rimodulazione della tassa per le aziende che producono plastica. E anche su una vertenza, la chiusura dell'Ilva, che dovrebbe far remare tutti nella stessa direzione, i giallorossi riescono a litigare. Facendo passare in secondo piano, la vera priorità: scongiurare il licenziamento di 15mila lavoratori. Di Maio non dà segnali di apertura: «Niente scudo penale». Pd, Italia Viva e Conte lavorano per reintrodurlo.

La resa al fallimento è contenuta nelle parole di Zingaretti: «Non lo so se ci sono margini per riaprire il tavolo di trattativa». É l'ammissione di un'esperienza arrivata al capolinea

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