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"Credibilità del sistema italiano incredibilmente danneggiata"

Arturo Diaconale: "Il Tribunale Dreyfus si occuperà certamente di questo caso macroscopico di iniquità"

"Credibilità del sistema italiano incredibilmente danneggiata"

Roma - A 8 anni dall'assassinio di Meredith e dopo 5 processi, una sentenza clamorosa della Cassazione assolve Amanda e Raffaele, che hanno già scontato 4 anni di carcere. È un altro esempio di malagiustizia di cui si occuperà il Tribunale Dreyfus, che ha organizzato controprocessi sul caso dei Marò, sul caso Storace, sulla gogna mediatica?

«Certamente porteremo avanti la nostra battaglia anche su questa vicenda, emblematica dei problemi della nostra giustizia. Una storia che ha incredibilmente danneggiato, a livello internazionale, la credibilità del sistema italiano. Considerato nel mondo e soprattutto negli Usa contraddittorio, dai tempi troppo lunghi, da Terzo mondo insomma. In questo caso specifico sono emerse delle anomalie su cui dobbiamo riflettere».

Quali?

«I due accusati sono stati assolti dopo 4 anni di carcerazione preventiva e questo vuol dire che nel nostro Paese la detenzione cautelare diventa una pena da scontare. Il 40 per cento di quelli che la subiscono o vengono assolti o condannati a pene inferiori a quelle già subite».

Seconda anomalia?

«La durata dei processi. Qui siamo addirittura a 5 gradi di giudizio e, paradossalmente, gli 8 anni trascorsi sono pochi rispetto alla norma. Comunque, tempi biblici. Ora ci troviamo con due assolti che certo chiederanno i danni allo Stato».

E sulla loro innocenza rimangono delle ombre.

«Ombre che li perseguiteranno a vita. Ciò dipende dal pregiudizio colpevolista che i pm sostengono in fase di indagine e che viene alimentato dalla gogna mediatica. Quasi sempre ciò condiziona il primo grado e solo nel secondo, quando si allenta l'attenzione dei media, spesso c'è un riequilibrio. In questo caso si è andati avanti per 5 processi con un impianto accusatorio che, evidentemente, reggeva poco».

Rimangono sconosciuti i «complici» di cui parla l'unica condanna, quella di Rudy Guede. Da Perugia i pm confermano che non ci saranno nuove indagini perchè gli unici «indiziati» erano la Knox e Sollecito.

«È così, la Cassazione ha definitivamente chiuso il caso, salvo clamorosi colpi di scena. E rimane una vicenda che dovrebbe essere da stimolo per una riforma della giustizia che non punti solo a dare ancor più poteri ai pm, ma più garanzie ai cittadini: quelli che subiscono da innocenti la carcerazione preventiva e le conseguenze di una mancata separazione delle carriere, che non assicura la terzietà dei giudici».

Quella del governo Renzi non va in questa direzione.

«Mai come ora la battaglia garantista del tribunale Dreyfus rischia di essere messa all'angolo da una riforma che non ha nulla di organico ed è ispirata ad un criterio emergenziale. Vuole allargare le norme dell'antimafia ad ogni altra questione, corruzione in testa, secondo la proposta dell'Anm e ciò rischia di portare ad uno Stato di polizia».

Dopo il verdetto della Cassazione la famiglia di Meredith parla di «giustizia italiana sconfitta» e Lumumba, accusato ingiustamente da Amanda, di «errore giudiziario»: il suo è un caso nel caso.

«La Knox è stata condannata per questo a 3 anni, che ha già scontato. Sono tante le vittime degli effetti “collaterali” di indagini condotte male, come queste. In Italia il 20-25 per cento delle persone secondo le indagini si considera vittima della malagiustizia».

Sotto accusa finisce il modo di fare indagini e il rapporto tra pm e polizia, con perizie che dimostrano la contaminazione dei reperti.

«Il vizio d'origine è nel fatto che, dopo la riforma Vassalli, la polizia diventa strumento della magistratura . Non svolge più le indagini autonomamente ma segue le indicazioni dei pm, che spesso dimostrano la loro imperizia e non hanno una preparazione specifica. Altro aspetto oscuro, che andrebbe riesaminato in una riforma».

Le prove poi deve valutarle il giudice, cui spetta la decisione finale.

«Giudice che non è davvero terzo, perchè fa parte dello stesso ordine dei pm ed è condizionato dalla loro linea accusatoria.

Ecco perché serve la separazione delle carriere».

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