Economia

Crescita, allarme dell'Ocse. La Consob snobba il governo

Riviste al ribasso le stime per l'Italia. E sulle vendite allo scoperto l'Autorità di Borsa lascia solo Giorgetti

Crescita, allarme dell'Ocse. La Consob snobba il governo

«Bisogna vietare le vendite allo scoperto sui titoli bancari» per sterilizzare gli effetti dello spread, ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti martedì. Ma il suo appello è caduto nel vuoto: «l'ipotesi non è all'attenzione di Consob», è stata la risposta, secca, arrivata ieri del presidente vicario della Commissione Anna Genovese prima di entrare a una riunione dell'Abi. Come funzione il sistema evocato da Giorgetti? Tecnicamente si tratta di un'operazione finanziaria che consiste nella vendita di strumenti finanziari non posseduti con successivo riacquisto. Spesso vi ricorre chi vuole scommettere «contro» l'andamento di un titolo, cioè sul suo ribasso nei giorni a venire. Questa pratica è entrata nel mirino delle autorità con la crisi del 2008, perché ritenuta responsabile dell'andamento schizofrenico dei mercati. Il regolamento europeo dà poi autorità alla Consob di vietare le vendite allo scoperto, qualora in Borsa sia stata registrata una variazione troppo elevata di un titolo. Nel caso del Monte dei Paschi, ad esempio, è stato disposto in passato lo stop alle vendite allo scoperto.

Ieri, intanto, il restringimento dello spread ha incoraggiato anche la risalita delle banche italiane con Banco Bpm in rialzo finale del 7,6%, Mediolanum del 4,2%, Bper del 3,6%, Mps del 3,4%, Intesa Sanpaolo del 2,8% mentre Unicredit è salita dell'1,8% sull'ipotesi che sia allo studio un piano proposto da una banca d'affari per separare le attività italiane da quelle estere. Isolando così il rischio Italia che potrebbe pesare sulla valutazione dell'intero gruppo che invece ha oltre la metà dell'attivo fuori dai confini italiani.

Del resto, nelle sue previsioni economiche semestrali l'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) ha dedicato un capitolo proprio alle «vulnerabilità delle banche italiane» puntando il dito sull'incertezza della politica che ha portato a massicce vendite sui bond sovrani dell'Italia e ha depresso la fiducia nelle banche italiane. La stessa organizzazione ricorda come la quota di titoli di Stato detenuta dagli istituti sia salita dal 9% al 10% del totale degli attivi, il che rende ancora più stretto il legame tra la salute del sistema del credito e le condizioni delle finanze pubbliche. Con un futuro incerto: «La ripresa ha perso slancio e l'aumento dell'incertezza e dei tassi d'interesse ridurrà la propensione di famiglie e imprese a consumi e investimenti», si legge nel documento dell'Ocse che infatti prevede un crescendo del disavanzo dei conti pubblici e ha tagliato le stime sul Pil italiano: l'aumento per il 2018 è rivisto all'1% (dall'1,2% indicato a settembre e 1,4% a maggio) e le stime puntano a +0,9% sia per il 2019 (in precedenza +1,1%), sia per il 2020. Molte banche sono già corse ai ripari spostando parte dei bond sovrani nel portafoglio in cui mettono i titoli che prevedono di tenere fino a scadenza (in gergo tecnico held to collect) evitando così di segnare le perdite sui Btp in bilancio ogni tre mesi. Ma devono tenere d'occhio anche la mina dei cocobond: si tratta di obbligazioni ibride convertibili che si trasformano in azioni delle banche che li hanno emessi quando l'indice di solidità patrimoniale (il cosiddetto Cet1) scende sotto la soglia prefissata.

La situazione del credito in Italia sarà sicuramente tema di discussione in platea all'evento dell'Osservatorio permanente giovani editori di Andrea Ceccherini che oggi riunirà a Firenze quattro governatori centrali: oltre a Ignazio Visco di Bankitalia, si saranno Luis Linde (Banca di Spagna), il super-falco Jens Weidmann (Bundesbank) e Klaas Knot, capo della Banca d'Olanda, uno dei Paesi che si è apertamente schierato contro la manovra gialloverde.

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