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LA CRISI ECONOMICA

LA CRISI ECONOMICA

L'Italia non spende più, neanche per i beni essenziali, e a luglio i prezzi crollano per il terzo mese consecutivo: lo spettro della deflazione si materializza. Un pericolo ben più insidioso dell'inflazione, perché indica una domanda debolissima: i prezzi in discesa libera rispecchiano l'inarrestabile contrazione dei redditi. La produzione ristagna, la disoccupazione cresce e la ripresa si allontana come un miraggio: e non c'è bonus governativo in grado di far ripartire i consumi.

Anche e soprattutto nelle grandi città, dove l'andamento dei prezzi rilevato dall'Istat nel mese di luglio è inequivocabile: Torino (-0,4%), Firenze (-0,3%), Bari (-0,3%), Roma (-0,2%), Trieste (-0,1%), Potenza (-0,1%), Livorno (-0,7%), Verona (-0,5%), Ravenna (-0,1%) e Reggio Emilia (-0,1%). In generale tutto il Nord Ovest fa registrare quella che viene definita una «crescita negativa» dei prezzi (0,1%) mentre si attesta a crescita zero al Nord Est e al Centro. E i valori superiori alla media al Sud (+0,4%) e nelle isole (+0,7%) non consolano. Interi comparti, infatti, risultano in deflazione, tra cui l'alimentare, che con un -0,7% annuo, segna il ribasso più forte da quasi dieci anni. D'altra parte l'insieme dei prodotti che vanno a finire nel carrello della spesa, dal cibo ai detersivi, tocca il minimo dal 1997: -0,6% su base annua (ma su base mensile il ribasso è dello 0,7%). E anche il famigerato «caro vacanza», un classico d'agosto, è ormai un ricordo lontano: voli e traghetti aumentano solo a confronto con giugno, mentre calano rispetto all'estate precedente. Le famiglie hanno paura del futuro e tengono stretto tutto quello che possono: compresi i famosi 80 euro, che certamente non sono stati utilizzati in spese extra, casomai per pagare le bollette.

Per ritrovare una fase depressiva così lunga, sul fronte prezzi, occorre andare indietro di oltre mezzo secolo. Adesso come allora, a cavallo tra il 1958 e il 1959, il termometro dell'Istat segna solo tassi sotto l'1%. Ma alla fine degli anni Cinquanta c'era un Paese pronto al decollo, al boom economico. Oggi, invece, «l'economia italiana sta rischiando un vero e proprio infarto», come amaramente commenta il presidente del Codacons Carlo Rienzi. Gli economisti evocano la «sindrome giapponese».

E la tendenza non sembra destinata a cambiare: «L'inflazione potrebbe ulteriormente ridursi ad agosto - avverte l'Istat nell'ultima nota mensile, datata 31 luglio - prima di una possibile marginale inversione di tendenza in autunno».

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