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Crisi di governo, solo Prodi sfiduciato in Parlamento

Con la presentazione di una mozione di sfiducia contro il premier Giuseppe Conte da parte della Lega, è iniziata la "parlamentarizzazione" della crisi di governo. Unico precedente: Romano Prodi

Crisi di governo, solo Prodi sfiduciato in Parlamento

Questa mattina, con la presentazione di una mozione di sfiducia contro il premier Giuseppe Conte da parte della Lega, è iniziata ufficialmente quella che in politichese si chiama la "parlamentarizzazione" della crisi di governo.

Il precedente Romano Prodi

In pratica stavolta il presidente del Consiglio non si è dimesso spontaneamente, come di prassi avviene quando uno dei partiti della maggioranza "apre la crisi", ma si presenterà alle Camere per chiedere (pur sapendo già che non la otterrà) la fiducia dal Parlamento. Finora soltanto Romano Prodi, sia nel '98 sia nel 2008, ha lasciato Palazzo Chigi dopo aver perso la fiducia della maggioranza che lo sosteneva. Ma, si badi bene, il professore cadde non su mozioni di sfiducia in senso stretto bensì di fronte a risoluzioni riguardanti le comunicazioni del presidente del Consiglio. La prima volta avvenne il 4 ottobre '98 quando il primo governo di centrosinistra della Seconda Repubblica dovette esaminare i provvedimenti riguardanti la manovra finanziaria per l'anno successivo e Fausto Bertinotti, allora leader di Rifondazione comunista diede "mandato ai gruppi parlamentari per un voto contrario e per il ritiro della fiducia al Governo". Due giorni dopo Rifondazione Comunista si spaccò: Armando Cossutta e l'allora capogruppo alla Camera Oliviero Diliberto annunciano di voler continuare a sostenere Prodi, il quale però cade per un solo voto (312 sì contro 313 no). Prodi, dunque, si arrese: "Nel prendere atto della votazione della Camera con la quale non è stata confermata la fiducia al Governo, comunico che mi recherò immediatamente dal Capo dello Stato per rassegnare le dimissioni". La seconda volta, nel 2008, il casus belli furono le dimissioni di Clemente Mastella da ministro della Giustizia, approvate con il voto di cinque senatori (4 centristi e 1 di sinistra).

Cosa dice la Costituzione?

In teoria, in base all'articolo 94 della Costituzione, il presidente del Consiglio può perdere la sua poltrona solo con un "voto di sfiducia" "Il governo deve avere la fiducia delle due Camere", che può essere accordata o revocata "mediante mozione motivata e votata per appello nominale", prescrive la Carta. Stando ai regolamenti parlamentari (articolo 116 per la Camera e articolo 161 del Senato) il voto di fiducia si può porre anche su provvedimenti vitali per la tenuta del governo come "decreto sicurezza bis" oppure per "verificare" se il gode ha i numeri necessari rimanere in piedi. Se la fiducia viene meno, il premier sale al Colle per rimettere il mandato nelle mani del Capo dello Stato e, a quel punto, hanno inizio le consultazioni.

Senza maggioranze alternative, si torna inevitabilmente alle urne.

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