Economia

La crisi spacca in due il Paese: resistono solo sei su dieci

Chi è ancora a galla spera nel 2017. Pessimisti anziani, giovani e meridionali: uno su 4 teme di non farcela

La crisi spacca in due il Paese: resistono solo sei su dieci

Come percepiscono gli italiani la propria situazione economica? E cosa prevedono, da questo punto di vista, per l'anno che è appena iniziato? L'osservatorio sociale dell'istituto Eumetra Monterosa di Milano (realizzato attraverso un sondaggio svolto, intervistando un campione rappresentativo della popolazione italiana al di sopra dei 17 anni di età) ci offre un quadro non privo di elementi preoccupanti.

Emerge anzitutto che, considerando l'immagine che si ha della propria condizione economica, la popolazione del nostro Paese appare nettamente spaccata in due sezioni contrapposte. Una parte poco meno del 60% è riuscita in qualche modo a resistere alla crisi e dichiara di stare oggi in modo soddisfacente. Ma un'altra porzione molto consistente più di quattro italiani su dieci sta male e denuncia una situazione economica difficilmente sostenibile.

Come ci si poteva facilmente attendere, l'area del malessere si registra con molto maggiore frequenza nelle fasce della popolazione tradizionalmente più deboli: gli anziani, coloro che posseggono un titolo di studio meno elevato, chi risiede nelle zone meridionali del Paese. Si tratta perlopiù di pensionati o di persone che hanno perso la loro occupazione lavorativa (o non ne hanno mai ricoperta nessuna, come molte casalinghe o giovani in cerca del loro primo impiego).

Dal punto di vista del comportamento di voto, questo disagio si manifesta in primo luogo con l'astensione: non a caso, è proprio tra quanti hanno deciso di disertare regolarmente le urne che si individua, anche in questo sondaggio, il maggior numero di scontenti per la propria situazione economica. Ma, subito dopo, si può rilevare come l'insoddisfazione si riversi sul voto per il M5S, tra i cui elettori si evidenzia un quasi altrettanto elevato numero di critici sulla propria situazione economica. Anche questo fattore è dunque all'origine di molti dei consensi per la formazione di Grillo e Casaleggio, motivati dalla protesta e dalla scontentezza. Incidentalmente, ciò ci aiuta a capire perché, anche in questi giorni, il M5S diminuisca solo marginalmente nei sondaggi sulle intenzioni di voto, malgrado le sue molteplici disavventure. Il fatto è che buona parte dell'elettorato grillino si disinteressa in realtà di quello che effettivamente fa il M5S e, spesso, della politica in generale, limitandosi a ribadire la propria protesta e la propria arrabbiatura nei confronti dell'establishment in generale, verso il quale Grillo appare come l'unica alternativa.

Torniamo ai risultati della ricerca. Essi non ci disegnano solo un quadro caratterizzato da una profonda spaccatura sociale relativa alla percezione del presente, ma mostrano, accanto a questa, l'esistenza di un diffuso pessimismo per un possibile cambiamento nel futuro della situazione attualmente percepita. Di fonte al quesito «come sarà il 2017 dal punto di vista economico per lei e per la sua famiglia?», la netta maggioranza degli intervistati (65%) risponde infatti «esattamente come l'anno scorso», mostrando una sostanziale sfiducia in un mutamento dello scenario odierno. Ciò vale specialmente per i giovani (la generazione tra i 18 e i 24 anni, tra le più colpite dalla crisi, specialmente per ciò che riguarda la presenza di opportunità lavorative), ma anche per i pensionati e, ovviamente, per chi possiede un titolo di studio basso.

Accanto a costoro, tuttavia, c'è una quota considerevole di sfiduciati che ritengono che il 2017 sarà peggiore del 2016. Si tratta di circa un intervistato su cinque (20%, cui si contrappone, però, il 15% che, invece specie tra gli imprenditori, i liberi professionisti e i commercianti prevede per l'anno in corso un miglioramento rispetto al passato). Tra costoro emerge con maggiore frequenza relativa la generazione di mezzo, attorno ai 50 anni, anch'essa per molti versi colpita dalla crisi, specie in termini occupazionali. L'occupazione lavorativa è, in generale, il problema più sentito dagli italiani in questo momento: non a caso appare maggiormente scoraggiato (27%) rispetto al futuro chi è oggi disoccupato o in cerca di prima occupazione. Accanto a costoro vi sono però anche, sia pure in misura un po' meno marcata, i residenti nei grandi centri urbani (22%), gli operai (23%), ma anche buona parte degli impiegati e di chi esercita in generale professioni meno remunerative.

La sfiducia nel futuro si accentua però se dalla valutazione sulla propria situazione personale si passa a quella sull'Italia in generale. Come sarà il 2017 per il Paese? Ancora una volta la maggioranza relativa (50%) ritiene che non cambierà nulla. Ma, rispetto alla percezione del proprio futuro personale, si incrementa, sino a sfiorare un terzo del campione intervistato (31%), la quota di chi pensa che, per l'Italia nel suo insieme, le cose peggioreranno (a fronte del 19% che prevede al contrario che i prossimi mesi vedranno un cambiamento in meglio). Insomma, per il Paese nel suo complesso siamo ancora più sfiduciati che per noi stessi. Ma anche in questo caso gli atteggiamenti divergono in relazione alla classe sociale di appartenenza: i ceti che stanno meglio (imprenditori, liberi professionisti e, in generale, chi ricopre una occupazione più remunerativa) sono più ottimisti anche sul destino del Paese, mentre quelli più disagiati (operai, disoccupati) sono nettamente più pessimisti. C'è anche, com'era facile attendersi, una distinzione sul piano delle intenzioni di voto: gli elettori del Pd prevedono, in misura molto maggiore, uno scenario di ripresa per il Paese, mentre quelli per Fi e per il M5S (e gli indecisi e astenuti) ipotizzano l'opposto.

Nell'insieme, questi dati ci presentano l'immagine di un'Italia profondamente divisa. Tra chi sta bene e, anche per questo, appare più ottimista sul futuro e chi (e sono tanti), viceversa, si sente in una situazione disagiata ed è, di conseguenza, più sfiduciato.

Si tratta di una vera e propria frattura sociale che sarebbe grave trascurare o sottovalutare.

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