Politica

Decreto dignità in Senato: Di Maio pensa alla fiducia

Troppe insidie nel testo, il ministro non vuole sorprese. Insegnanti traditi sul piede di guerra

Decreto dignità in Senato: Di Maio pensa alla fiducia

Il decreto dignità sbarca in Senato per il via libera definitivo, dopo l'ok della Camera dei Deputati. Il decreto, che ieri ha avuto anche la benedizione del ministro dell'Interno Matteo Salvini «le modifiche apportate in Parlamento hanno migliorato notevolmente il decreto», ha spiegato il vicepremier, «finalmente sono messi al centro i piccoli e medi imprenditori, sono contento del lavoro fatto e ringrazio questa maggioranza che in due mesi ha dato segnali evidenti di cambiamento» - è stato assegnato alle commissioni Finanze e Lavoro. I relatori saranno Enrico Montani (Lega) e Susy Matrisciano (M5s). I senatori avranno tempo fino alle 11 di oggi per presentare gli emendamenti al dl. Lunedì comincerà l'esame dell'Aula, prima del voto finale. L'obiettivo del M5s è chiudere l'esame delle commissioni entro martedì. Forza Italia annuncia battaglia nell'esame a Palazzo Madama. «ll decreto dignità mette a rischio migliaia di occupati, irrigidisce il mercato del lavoro creando vincoli alle imprese e generando lavoro nero», commenta Anna Maria Bernini, capogruppo dei senatori azzurri. Contraria e netta anche la posizione di Fratelli d'Italia, che evidenzia «l'incredibile bocciatura dell'emendamento per l'abolizione del redditometro». «Dopo aver irrigidito il mercato del lavoro, dopo aver reintrodotto le causali, dopo aver aumentato il costo del lavoro, il Governo grillo-leghista disattende anche l'unica promessa rivolta ai ceti produttivi: l'abolizione del redditometro, vero e proprio strumento di tortura fiscale. Non lo aboliscono, lo cambiano. Dovremmo ringraziarli? È come dire che dobbiamo ringraziare il boia perché cambia strumento di tortura. Il cosiddetto decreto dignità conferma una visione ideologicamente ostile verso i produttori di ricchezza», osserva il parlamentare di Fdi Andrea Delmastro. Ora, superato il primo ostacolo con il voto di Montecitorio, il decreto - che introduce una stretta sui contratti a termine, ridimensiona l'uso di voucher e provoca il licenziamento di 15mila maestre - è atteso dall'esame in Senato. A Palazzo Madama la partita cambia completamente. I numeri della maggioranza gialloverde sono ballerini rispetto alla Camera dei Deputati. Il governo Conte può contare su 171 voti, dieci sopra la maggioranza assoluta. Però l'approvazione del decreto balla su un punto caldo, che da ieri sera sta creando fibrillazione all'interno dell'ala ortodossa del M5S: la norma che espelle dalle graduatorie per l'insegnamento le maestre che non abbiano conseguito i due anni di anzianità nelle scuole pubbliche. Un colpo di spugna che provoca il licenziamento di quasi 15mila insegnanti.

Da giovedì sera, i parlamentari del M5s sono sotto attacco della categoria per un provvedimento che viene considerato un vero tradimento, dopo le promesse in campagna elettorale. E soprattutto dopo che l'Aula di Montecitorio ha bocciato tutti gli emendamenti salva-maestre. Emendamenti che ora saranno riproposti a Palazzo Madama dove la bocciatura sarà così scontata per i numeri risicati. Tra i firmatari degli emendamenti salva maestre ci sono i senatori di Fdi, che uniti ai voti di ai potenziali dissidenti del M5s potrebbero ribaltare il tavolo, imponendo la modifica al provvedimento. Che a quel punto dovrebbe ritornare alla Camera per una seconda votazione. Uno scenario che preoccupa il ministro Di Maio, orientato a porre la fiducia sul decreto per evitare il primo smacco da ministro.

Salvando un provvedimento bocciato già da tutte le forze sociali ed economiche del Paese.

Commenti