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Il Def di Renzi bocciato dal dipartimento renziano

Forti dubbi dall'Ufficio parlamentare di bilancio: la crescita dell'1,3% per il 2016 è troppo ottimistica

Il Def di Renzi bocciato dal dipartimento renziano

Il primo giro di boa istituzionale del Def non è andato troppo bene. Proprio mentre a Bruxelles il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan assicurava che «c'è grande identità di vedute con la Commissione Europea», a Roma l'Ufficio parlamentare di Bilancio di fatto bocciava le previsioni del quadro macroeconomico tracciato nel Documento di economia e finanza varato venerdì. Quindi la base del Def.

Notizia per nulla scontata. In molti pensavano che l'Upb, nato nel 2014 come guardiano dei conti pubblici, sarebbe in realtà stato un organismo benevolo con il governo che si è ritrovato a nominarne il direttivo. Un vertice sicuramente non ostile all'esecutivo, se si considera che il presidente è l'economista Giuseppe Pisauro, ex collaboratore del protagonista delle politiche fiscali della sinistra Vincenzo Visco e gli altri due consiglieri sono Chiara Goretti - etichettata come renziana - e Alberto Zanardi, curatore di una collana del Mulino.

Al contrario, l'ufficio sembra avere scelto di fare prevalere l'altra caratteristica che gli è stata attribuita, cioè l'essere la lunga mano di Bruxelles in Italia. Nella lettera inviata ieri al ministero dell'Economia, da una parte ha validato le previsioni del Def. Dall'altra ha allegato una lettera dove evidenzia i «rischi» che comportano le previsioni fatte dal governo nel documento.

Intanto il Pil. La previsione per il 2016, con una crescita dell'1,3%, è inferiore di appena un decimale dalla previsione più ottimistica tra quelle possibili. Come dire, avete scommesso sullo scenario migliore, ma non è detto che si avveri.

Poi c'è la ripresa dei consumi valutata dal governo, anche questa «relativamente ottimistica». L'esecutivo ha messo in conto «un aumento dell'occupazione più intenso rispetto a quello stimato dagli altri previsori». Poi, la stima del ministero dell'Economia - continua la lettera dell'Upb - «sembra subire in misura molto minore l'effetto negativo dell'aumento delle aliquote Iva, previsto dalla legislazione vigente». «Relativamente sostenuta», per gli stessi motivi, anche la stima dei consumi per gli anni successivi, cioè fino al 2019.

Poi la crescita in investimenti (il documento parla di quelli in macchinari) «che risulta più marcata a quella degli altri previsori». Tutto questo a fronte di un andamento delle esportazioni «relativamente meno dinamico». Tradotto: non si può pensare che gli imprenditori investano se le esportazioni non riprendono.

C'è qualche incertezza anche sulla quantificazione dei famosi fattori esogeni che trainano la crescita. Coerentemente con le regole europee il governo ha adottato un metodo che considera stabile il prezzo del petrolio. Ma questa ipotesi «ha notevoli margini di incertezza, considerando le tensioni geopolitiche che coinvolgono molti paesi».

Incerto anche l'effetto del Quantitative easing della Bce. Perché non è possibile prevedere le decisioni della Federal reserve.

Raccomandazioni che l'Upb - spiega una fonte del ministero dell'Economia - aveva già fatto nei giorni precedenti all'approvazione del Def e che ha tenuto a ribadire.

Un modo per non mettere la firma sul Def, senza bocciarlo formalmente.

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