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La delega fiscale è in ritardo. E le piccole partite Iva tremano

Centinaia di migliaia di contribuenti rischiano di pagare un'imposta doppia ma serve una modifica alla legge di Stabilità: il termine ultimo è il 26 marzo

La delega fiscale è in ritardo. E le piccole partite Iva tremano

L'elezione del presidente della Repubblica ha totalmente bloccato l'azione politica del governo, soprattutto in materia economica. Il Palazzo ha sempre funzionato così, ma perdere tempo significa anche far pendere sulla testa dei contribuenti la spada di Damocle di un aumento delle tasse.

La delega fiscale è bloccata dagli inizi di gennaio, in seguito alle polemiche per l'introduzione delle soglie di punibilità per il reato di frode fiscale che avrebbe determinato la cancellazione dell'ingiusta condanna di Silvio Berlusconi. Il premier Matteo Renzi ha così deciso di rimandare al Consiglio dei ministri del 20 febbraio l'emanazione dei decreti attuativi (in totale sono 7). Il risvolto peggiore è che sull'altare del «politicamente e moralmente corretto» sono state sacrificate centinaia di migliaia di piccole partite Iva penalizzate dal nuovo regime dei minimi, introdotto con la legge di Stabilità 2015. Partite Iva che ora temono di restare gabbate perché l'esercizio della delega scade il 26 marzo e i tempi perciò sono strettissimi.

Il Giornale ha affrontato la questione sin da ottobre. Il nuovo forfait per piccole aziende, professionisti e commercianti triplica l'aliquota unica sostitutiva al 15% dal 5% in vigore fino al 31 dicembre scorso. Al tempo stesso, viene introdotta una soglia di ricavi molto bassa (15mila euro). Un esempio aiuta a comprendere meglio l'incresciosa situazione: un professionista con 15mila euro fatturati e 3mila euro di costi pagava 600 euro di Irpef con il vecchio regime, ovvero il 5 per cento di 12mila euro (il margine operativo lordo). Con il nuovo regime dei minimi paga, invece, 1.170 euro, praticamente il doppio e per una piccola realtà 570 euro sono preziosi. Conviene molto di più adeguarsi al regime ordinario che consente la deduzione di alcuni costi sostenuti dalle aziende. Il viceministro dell'Economia, Luigi Casero (Ncd), e il sottosegretario all'economia, Enrico Zanetti (Sc), hanno promesso una soluzione lasciando intendere che i «minimi» in vigore fino a fine 2014 saranno prorogati anche quest'anno. Ma - come detto - il tempo stringe. Anche per questo motivo da più parti si invoca una proroga per l'esercizio della delega in modo tale da poter fare le cose per bene. Tanto più i tempi si allungheranno, però, tanto più perdurerà l'incertezza. Molti, infatti, stanno rinviando l'emissione delle fatture in attesa di decidere a quale regime aderire (per i «minimi» l'Iva è indetraibile, ndr ). Intanto, le partite Iva hanno lanciato l'hashtag #malusrenzi perché, pur guadagnando poco, non percepiscono nemmeno il bonus da 80 euro.

Un'altra sciagura, poi, sta per abbattersi sui cittadini italiani, sotto il nome di revisione del catasto. L'intenzione del governo è adeguare i valori delle rendite a quelli di mercato. L'equazione è presto risolta: l'Imu mediamente raddoppierebbe (il gettito 2014 è stato di circa 24 miliardi), mentre l'imposta di registro sulle compravendite triplicherebbe. Anche in questo caso, il viceministro Casero ha cercato di buttare acqua sul fuoco sostenendo che le entrate resteranno invariate e che la nuova local tax surrogherà una serie di imposte non aggravando il carico sui cittadini. Di buone intenzioni, si sa, è lastricata la strada per l'inferno. Lo ha ricordato anche il presidente della commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone (Fi): «Non sarebbe accettabile l'elusione o peggio il tradimento dei paletti fondamentali» della delega che prevede l'invarianza di gettito.

Con Renzi, però, non si può mai stare troppo sereni.

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