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Dem contro i rimpatri volontari. Ma con Minniti andavano bene

Impugnata la legge regionale che aiuta gli stranieri a lasciare l'Italia. Peccato che il Pd stanziò 30 milioni

Foto di repertorio
Foto di repertorio

Roma - Al primo giorno di governo Conte bis viene fuori che i ministri piddini vengono colti facilmente da quell'amnesia che li ha contraddistinti oramai da anni e che deve aver contribuito a rendere contraddittorie e sconnesse le politiche con cui il Pd ha cercato di gestire il problema dell'immigrazione. E l'attacco frontale ai rimpatri volontari è la prova evidente di quell'amnesia.

Il neo ministro agli Affari regionali Francesco Boccia avrebbe dovuto interrogare qualche collaboratore o meglio ancora leggere qualche decreto ministeriale licenziato da Marco Minniti quando era titolare del Viminale o, in terza istanza informarsi sui decreti siglati dal predecessore Angelino Alfano, peraltro compagno di partito della consorte Nunzia Di Girolamo all'epoca del Nuovo centrodestra, prima di sparare sui fondi per i rimpatri. Altrettanto avrebbero dovuto fare tutti gli altri ministri democratici che hanno dato il via libera al ricorso contro la legge del Friuli Venezia Giulia che sposta 4 milioni dall'accoglienza diffusa al fondo per il rimpatrio.

Già perché gli adoratori dei rimpatri volontari assistiti sono stati proprio loro, i Dem e i filo-Dem che dagli inizi del 2012 alla fine di gennaio 2018 hanno messo in piedi una catena di progetti e piani di lavoro che è costata all'erario attorno ai 30 milioni. Altro che «vietato finanziare i rimpatri».

La sinistra, che si conferma di memoria corta, confida nel fatto che lo sia anche quella degli italiani. Ma ci vuole ben poco per una disamina chiara dei provvedimenti che solo negli ultimi anni, ossia con il governo Renzi e poi con il governo Gentiloni, hanno finanziato in più riprese i cosiddetti Rva. Complessivamente 11 milioni e 620 mila euro distribuiti a cinque diversi beneficiari. Al Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati di cui è presidente Roberto Zaccaria, ne sono andati 1 milione e 100 mila per rimpatriare 270 migranti e reintegrarli nel loro luogo di origine. La fetta più consistente è andata all'Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni, che ha ricevuto ben 8 milioni per un progetto di consulenza individuale, trasferimento, copertura dei costi di viaggio e benefit di prima sistemazione degli stranieri. Un'altra porzione di quasi un milione se l'è aggiudicata il Cies, Centro di informazione educazione allo sviluppo, che è la onlus leader nell'interpretariato e mediazione culturale presieduta da Elisabetta Melandri, sorella dell'ex ministro Giovanna. Ben 800 mila euro sono andati al Comune di Giugliano in Campania per mettere in piedi il progetto Back Home. Infine la mastodontica onlus Gus (Gruppo umana solidarietà) ha intascato 868 mila euro per riportare indietro 200 immigrati.

Ma non è finita qui. Per rinfrescare la memoria ai neoministri è anche il caso di ricordare l'ultimo impegno di spesa, datato 21 gennaio 2018, con il quale il Viminale di Minniti assegna 855 mila euro per una campagna creativa - così è scritto nel provvedimento - destinata ai migranti. Costoro verrebbero invitati a ritornare spontaneamente a casa propria con tanto di biglietto aereo, un piccolo sussidio di circa duemila euro per le prime necessità, ma soprattutto con l'ausilio di un affiancamento personalizzato per reinserirsi socialmente nel proprio paese d'origine.

Tanto basta a rammentare.

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