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"Democrazia a rischio". Quella lezione di Craxi ancora attuale oggi

Mentre scoppiava Mani pulite, l'ex premier Bettino CRaxi in Aula gettava le basi per ricostruire il Paese

"Democrazia a rischio". Quella lezione di Craxi ancora attuale oggi

Pubblichiamo stralci del discorso che l’allora segretario del Psi Bettino Craxi tenne alla Camera il 3 luglio del 1992, in pieno scandalo Tangentopoli, durante la fiducia al nascente governo Amato. All’ombra della politica, l’ammissione, "fioriscono e si intrecciano casi di corruzione e di concussione".

Onorevole presidente, onorevole presidente del Consiglio, onorevoli deputati, nella vita democratica di una nazione non c'è nulla di peggio del vuoto politico. Da un mio vecchio compagno ed amico, che aveva visto nella sua vita i drammi delle democrazie, ho imparato ad avere orrore del vuoto politico. Nel vuoto tutto si logora, si disgrega e si decompone. E in questo senso ho sempre pensato e penso che un minuto prima che una situazione degeneri bisogna saper prendere una decisione, assumere una responsabilità, correre un rischio.

Il sistema dei partiti, che hanno costituito l'impianto e l'architrave della nostra struttura democratica e che ora mostrano tutti i loro limiti, le loro contraddizioni e degenerazioni, al punto tale che vengono ormai sistematicamente screditati e indicati come il male di tutti i mali, soprattutto da chi immagina o progetta di poterli sostituire con simboli e poteri taumaturgici che di tutto sarebbero dotati, salvo che di legittimità e natura democratica. Sono immagini e progetti che contengono il germe demagogico e violento di inconfondibile natura antidemocratica.

È vero che nel tempo si sono accumulati molti ritardi per tanti fattori negativi; per miopia, velleitarismo, conservatorismo. E tutto ciò è avvenuto in modo tale che il logoramento del sistema ha finito con il progredire inesorabilmente, come non era difficile prevedere. Ora non c'è più molto tempo a disposizione, onorevoli colleghi. Vi sono dei processi di necrosi che sono giunti ormai ad uno stadio avanzato. Il Parlamento deve reagire, deve guardare alto e lontano, dando innanzitutto l'avvio ad una fase costituente per decidere rapidamente riforme essenziali di ammodernamento, di decentramento e di razionalizzazione. Serviranno a ridare efficienza e prestigio alle Camere, a rompere un centralismo dello Stato, per parte sua duro a morire, rafforzando i poteri e l'autonomia delle Regioni come suggeriamo nel nostro programma sino ai limiti del federalismo, a garantire autorevolezza e stabilità all'esecutivo. Bisognerebbe porre mano subito alla riforma delle leggi elettorali con uno sguardo rivolto ai modelli e alle esperienze delle democrazie europee ed un altro rivolto alle tradizioni della democrazia italiana.

C'è un problema di moralizzazione della vita pubblica che deve essere affrontato con serietà e rigore, senza infingimenti, ipocrisie, ingiustizie, processi sommari e «grida» spagnolesche.

È tornato alla ribalta in modo devastante il problema del finanziamento dei partiti, o meglio del finanziamento del sistema politico nel suo complesso, delle sue degenerazioni, degli abusi che si compiono in suo nome, delle illegalità che si verificano da tempo, anzi da tempo immemorabile.

In quest'aula e di fronte alla nazione penso che si debba usare un linguaggio improntato alla massima franchezza. Bisogna innanzitutto dire la verità delle cose e non nascondersi dietro nobili ed altisonanti parole di circostanza che molto spesso e in certi casi hanno tutto il sapore della menzogna.

Si è diffusa nel Paese, nella vita delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni, una rete di corruttele grandi e piccole, che segnalano uno stato di crescente degrado della vita pubblica. Uno stato di cose che suscita la più viva indignazione, legittimando un vero e proprio allarme sociale e ponendo l'urgenza di una rete di contrasto che riesca ad operare con rapidità e con efficacia. I casi sono della più diversa natura, spesso confinano con il racket malavitoso e talvolta si presentano con caratteri particolarmente odiosi di immoralità e di asocialità.

Purtroppo, anche nella vita dei partiti molto spesso è difficile individuare, prevenire, tagliare aree infette, sia per l'impossibilità oggettiva di un controllo adeguato sia, talvolta, per l'esistenza ed il prevalere di logiche perverse. E così, all'ombra di un finanziamento irregolare ai partiti e ripeto, meglio, al sistema politico fioriscono e si intrecciano casi di corruzione e di concussione, che come tali vanno definiti, trattati, provati e giudicati. E tuttavia, d'altra parte, ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto benissimo, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale. I partiti, specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali ed associative, e con essi molte e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono all'uso di risorse aggiuntive in forma irregolare o illegale.

Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale.

Ma non credo che ci sia nessuno in quest'aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo, perché presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro. E del resto, andando alla ricerca dei fatti, si è dimostrato e si dimostrerà che tante sorprese non sono in realtà mai state tali. Per esempio, nella materia tanto scottante dei finanziamenti dall'estero, sarebbe solo il caso di ripetere l'arcinoto «tutti sapevano e nessuno parlava».

Un finanziamento irregolare o illegale al sistema politico, per quante reazioni e giudizi negativi possa comportare e per quante degenerazioni possa aver generato, non è e non può essere considerato ed utilizzato da nessuno come un esplosivo per far saltare un sistema, per delegittimare una classe politica, per creare un clima nel quale di certo non possono nascere né le correzioni che si impongono né un'opera di risanamento efficace, ma solo la disgregazione e l'avventura.

Del resto, onorevoli colleghi, nel campo delle illegalità non ci sono solo quelle che possono riguardare i finanziamenti politici. Il campo è vasto e vi si sono avventurati in molti, come i fatti spero si incaricheranno di dimostrare, aiutando tanto la verità che la giustizia.

Ebbene, a questa situazione ora va posto un rimedio, anzi più di un rimedio. È innanzitutto necessaria una nuova legge che regoli il finanziamento dei partiti e che faccia tesoro dell'esperienza estremamente negativa di quella che l'ha preceduta.

Penso che se la legislatura imbocca la sua strada maestra, allora non avrà tempo per fermarsi. Ne trarranno giovamento i partiti che vogliono percorrere una stagione di rinnovamento interno, di revisione degli statuti, di riforma delle regole, di ricambio degli uomini, di promozione di nuove associazioni tra loro e di più strette alleanze.

Anche il governo sarà aiutato ad avanzare lungo i binari del buon programma che si è dato, dovendo affrontare le emergenze che lo stringono d'assedio, in primo luogo, quella economica e quella criminale. Se così non sarà e certo non me lo auguro la sorte della legislatura scivolerà su un piano inclinato e sarà allora rapidamente segnata.

Non me lo auguro innanzitutto per il paese, onorevole presidente. Per la sua economia, che ha bisogno di un clima di operosità, di fiducia e di collaborazione sociale: una economia che deve essere stimolata ed aiutata a ritrovare iniziativa e competitività. Per i livelli occupazionali, a cominciare dall'occupazione nell'industria, che ha già ricevuto duri colpi ed altri purtroppo può riceverne ancora. Per il riequilibrio della finanza pubblica, che è urgente, necessario e non rinviabile: un record mondiale negativo, che in questi prossimi anni dobbiamo riuscire a toglierci di dosso nell'interesse di tutti, levando dal nostro futuro una grande incognita ed una tagliente spada di Damocle.

Ridefinire e riselezionare la spesa sociale e le protezioni dello Stato sociale, senza smantellarlo secondo le invocazioni dei peggiori conservatori: anche questo è necessario, urgente e non più rinviabile.

Sono questi gli anni del passaggio verso un'Europa più unita, più integrata ed auguralmente più coesa. Tuttavia, quando si sentono magnificare i nuovi traguardi europei come se si trattasse di una sorta di paradiso terrestre che ci attende, c'è solo da rimanere sconcertati.

È naturalmente fondamentale che l'Italia riesca a raggiungere il passo dei suoi grandi partner europei. Diversamente, si produrrebbe una frattura di portata storica nelle linee di fondo del nostro progresso. Tuttavia dobbiamo insistere a chiederci quale Europa vogliamo: non un'Europa sottratta ad ogni controllo dei poteri democratici; non verso politiche determinate solo sulla base di criteri macroeconomici, indifferenti di fronte alla valutazione dei costi sociali. Un'Europa, dunque fondata su un mercato unico, aperto e libero, ma il cui sviluppo non contraddica il principio che gli anglosassoni definiscono come «il mercato più la democrazia». Non un'Europa in cui la modernizzazione diventi brutalmente sinonimo di disoccupazione, ma un'Europa dove le rappresentanze sindacali abbiano un loro spazio, una loro dignità ed una loro influenza; un'Europa che guardi al proprio riequilibrio interno ma anche all'altra Europa, che si è liberata dal comunismo, ma che rischia di restare ancora separata e divisa dal muro del denaro. Un'Europa capace di una vera politica estera e di una più larga apertura verso il mondo più povero che ha assolutamente bisogno di un acceleratore che gli consenta di uscire dalla depressione, dalla stagnazione e dal sottosviluppo, senza di che le ondate migratorie diventeranno sempre più incontrollabili.

Sono gli interrogativi che ci poniamo, partendo dalla nostra fede nelle democrazie europee, dalle nostre convinzioni europeiste, dal contributo che abbiamo direttamente dato per aprire la strada ad un nuovo capitolo della costruzione europea.

Nella vita delle nazioni e nella storia gli eroi e i martiri sono sempre stati un grande esempio ed una formidabile leva morale; e nel loro nome si sono potute realizzare grandi imprese.

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