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Derivati, Forza Italia alla carica «Il Tesoro mostri tutte le carte»

I deputati in commissione Bilancio chiedono documenti e dettagli sui contratti per far luce sulla cacciata del governo Berlusconi seguita al taglio del rating e alla crisi dello spread

F orza Italia torna alla carica sulla questione-derivati. Il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, e i deputati della commissione Bilancio Palese, Galati, Latronico, Milanato e Prestigiacomo hanno inviato al direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via una richiesta formale per poter «prendere visione ed estrarre copia» dei contratti sottoscritti dalla Repubblica italiana. Una mossa che ha un obiettivo ben preciso: portare alla luce ulteriori elementi che chiarifichino il quadro sulla defenestrazione del governo regolarmente eletto di Silvio Berlusconi nel 2011.

Gli azzurri, in particolare, intendono conoscere tutti i dettagli delle operazioni aperte nel corso degli anni '90 dal Tesoro e successivamente rinegoziate: controparti bancarie, accordi quadro (sia i master agreement che i term sheet ), specifiche legali, decreti autorizzativi e parametri di misurazione dei prezzi e della volatilità (cioè gli scostamenti al rialzo o al ribasso rispetto all'andamento del mercato). L'iniziativa, annunciata proprio nel giorno dell'audizione di Mario Draghi in commissione Finanze, ha un chiaro riferimento alle indagini della Procura di Trani che ha visto rinviati a giudizio i vertici delle agenzie di rating Standard & Poor's e Fitch per i declassamenti del 2011. E soprattutto che ha rimesso in questione la chiusura di un derivato con Morgan Stanley a inizio 2012 con il pagamento di un corrispettivo di 2,5 miliardi.

Nei mesi scorsi una simile richiesta dei grillini era stata respinta al mittente da Via XX Settembre. Ora i deputati di Forza Italia sottolineano che «l'omessa ostensione della documentazione richiesta impedirebbe loro di svolgere le funzioni connesse al mandato parlamentare», dunque la scarsa trasparenza sarebbe un vero e proprio vulnus alle istituzioni. Una denuncia analoga era stata effettuata qualche settimana fa dal senatore azzurro Luigi D'Ambrosio Lettieri che, stigmatizzando la rinuncia del ministero dell'Economia di costituirsi parte civile a Trani, adombrò la possibilità che gli stessi titolari del Tesoro fossero tenuti all'oscuro dei dettagli di questi contratti dai funzionari. Ecco perché la richiesta viene avanzata al direttore generale, il primo burocrate, e non al ministro competente.

Occorre precisare che qualche indicazione il ministero, in passato, l'ha fornita. Nell'audizione alla commissione Finanze del 10 febbraio scorso il direttore del Debito pubblico, Maria Cannata, rese noto che l'ammontare complessivo dei derivati sottoscritti dal tesoro è di 152 miliardi e che a fine 2014 le perdite mark-to-market (cioè i flussi finanziari in caso di chiusura) sarebbero state di 42 miliardi. Di più non aveva voluto dire per timore di alimentare le speculazioni.

Accedere a quei documenti sarebbe di fondamentale importanza per stabilire se i declassamenti delle agenzie di rating (della cui utilità ha dubitato ieri pure lo stesso Draghi, che da dg del Tesoro sottoscrisse i derivati) facessero parte della strategia «a tenaglia» che obbligò il Cav alle dimissioni. E soprattutto consentirebbe di sapere se quei 2,5 miliardi pagati a Morgan Stanley fossero ordinaria amministrazione, come la banca Usa ribadisce sostenendo che fosse sua facoltà chiudere il contratto. Quei derivati di copertura sul rialzo dei tassi, infatti, fino ai primi anni Duemila hanno consentito allo Stato di incassare entrate extra e di coprire un po' di debito. Sono andati in rosso quando la Bce ha abbassato i tassi causa crisi globale e, nonostante le rinegoziazioni, nel 2013 hanno generato perdite per 3 miliardi.

La trasparenza, in questo caso, sarebbe necessaria.

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