Cronache

Il destino dei bamboccioni maggiorenni solo a 40 anni

Si sposta in avanti l'età dell'indipendenza economica. Per l'Italia è un danno che nel 2016 vale 32 miliardi

Il destino dei bamboccioni maggiorenni solo a 40 anni

Roma - Salvate i giovani quarantenni. E il senso della frase non è quello di preservare uno spirito vigoroso e sbarazzino quando si affronta la mezza età. Nell'Italia del 2017 assomiglia semmai al renziano «abbassate le tasse alle nuove leve» che - per ragioni culturali ed economiche - da noi comprendono chi ha raggiunto otto lustri. Un'età da nonni nell'Italia preguerra e, fuori dai confini nazionali, in paesi occidentali e avanzati, uno stadio della vita in cui i giochi sono fatti, si raccolgono i frutti della semina e si fanno i primi bilanci.

Non da noi. In Italia la vita è spostata in avanti. L'università finisce tardi, si lavora ancora più tardi ed è anche per questo che abbiamo un tasso di occupazione inaccettabile. Senza contare che siamo un paese latino e quindi ci piace coltivare i nostri difetti, tanto che, se nel 2004 un giovane di 20 anni impiegava circa 10 anni per costruirsi una vita autonoma, nel 2020 ne impiegherà 18 e nel 2030 addirittura 28.

Nei prossimi anni un ragazzo diventerà «grande» a quasi 40 anni e poi, sempre che un sistema del genere non collassi, a 50. Calcoli fatti dalla Fondazione Bruno Visentini, in un rapporto presentato ieri all'Università Luiss.

Il problema è anche economico, visto che lo stesso rapporto ha calcolato che il costo dei Neet, i giovani che non lavorano e non studiano, in termini di ricchezza non prodotta è di 32 miliardi di euro.

Ma il tema è soprattutto quello dell'equità generazionale. Nella classifica compilata sulla base dell'indice europeo che la misura, l'Italia è al penultimo posto, seguita dalla Grecia. La fondazione propone una soluzione: una rimodulazione dell'imposizione che, con funzione redistributiva, tenga conto della maturità fiscale. Insomma una diminuzione delle imposte per i giovani, quarantenni compresi.

Chi avesse l'impressione di avere già sentita questa proposta ha ragione. È quella di Matteo Renzi e Tommaso Nannicini, ispirata proprio alle proposte della fondazione Visentini. Peccato che ieri dai ricercatori sia uscito qualche dettaglio anche sul dove prendere i soldi.

Serve un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte. Un riequilibrio «doveroso», a danno di circa due milioni di pensionati il cui assegno sarebbe decurtato per finanziare la detassazione dei (quasi) giovani. Più nel dettaglio, si creerebbe un fondo di solidarietà per finanziare politiche giovanili e incentivi fiscali.

Proposte di difficile attuazione. I contributi di solidarietà su pensioni o redditi alti sono già stati sperimentati e non hanno mai dato quanto sperato. E la capacità di fare lobby dei senior italiani non è decisamente superare a quella dei 30/40enni.

Un saggio ci sarà domani, all'atteso incontro governo/sindacati sull'attuazione della delega sulle pensioni. Il governo Gentiloni si ritrova a dovere attuare la riforma previdenziale di Matteo Renzi, in particolare l'anticipo pensionistico che dovrebbe attenuare la legge Fornero. I sindacati hanno chiesto una piena applicazione, in particolare della cosiddetta Ape social, cioè l'anticipo fino a tre anni senza costi aggiuntivi per alcune categorie. La Ragioneria dello Stato ha ridotto la platea dei beneficiari.

Serve la «totale esigibilità per i lavoratori sul cumulo contributivo gratuito, di ape sociale, di pensione anticipata per i lavoratori precoci e per gli usuranti», è l'auspicio di Domenico Proietti, segretario confederale della Uil.

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