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Deustche Bank-Commerzbank Via all'esperimento di fusione

L'operazione ha la benedizione del governo Merkel Contrari i sindacati che calcolano 10mila esuberi

Daniel Mosseri

Berlino La notizia sta nell'ufficializzazione di quello che tanti si aspettavano da settimane. Domenica pomeriggio, nell'ora del riposo delle piazze finanziarie, Deutsche Bank and Commerzbank hanno comunicato di «aver deciso di avviare discussioni su una potenziale fusione con un risultato aperto». L'annuncio fa seguito a mesi di contatti preliminari fra i due principali istituto di credito tedeschi. DB ha spiegato che «alla luce delle opportunità che si presentano», il suo consiglio di amministrazione ha deciso di concentrarsi «sul miglioramento del profilo di crescita e della redditività della banca», aggiungendo tuttavia «che non vi è alcuna certezza» che l'operazione vada in porto.

Di certo gli sponsor non mancano: non è un mistero che Angela Merkel e il suo vice e ministro delle Finanze, Olaf Scholz, siano i principali sostenitori della fusione fra la due banche con sede a Francoforte. Nessuno dei due istituti naviga in buone acque, e Berlino teme che qualche grosso investitore straniero possa approfittarne per inglobarsi gli ex gioielli di famiglia, fondamentali, a dispetto delle loro difficoltà attuali, nel finanziare le imprese tedesche, volano dell'economia nazionale. Nella fattispecie, poi, l'interesse del quarto esecutivo guidato da Frau Merkel non è unicamente di tipo strategico ma anche diretto: il governo tedesco rimane il maggiore azionista di Commerzbank, con una quota superiore al 15%. Una percentuale raggiunta nel 2008 con l'iniezione nella banca sull'orlo del collasso di centinaia di miliardi di euro dei contribuenti tedeschi. La fusione con DB darebbe vita a un colosso finanziario con un valore di mercato per 25 miliardi, capace di controllare il 20 per cento dei servizi bancari al dettaglio in Germania con 38 milioni di clienti fra privati e aziende, e con asset complessivi per 1.8 trilioni di euro, vicino cioè ai livelli di Bnp Paribas, il più grande istituto finanziario francese.

Le voci sulla possibile fusione non piacciono ai sindacati, secondo i quali dei quasi 140mila impiegati a tempo pieni di DB e Commerz almeno 10mila sarebbero destinati a saltare. In pochi, invece, in Germania hanno osservato come la manovra di cui si è sentito parlare troppo a lungo in cancelleria invece che nelle sedi dei due istituti, sarebbe la manifestazione di un atto di dirigismo nel settore bancario con pochi precedenti. Le poche voci contrarie sono quelle di chi soprattutto in seno al Partito liberale parla di «una fusione forzata» o degli azionisti di DB, ormai la minoranza, secondo cui mettere insieme due banche malate non è necessariamente un buon passo verso la creazione di una istituto in buona salute Deutsche Bank ha visto poche settimane fa il primo utile dal 2014. La scelta di puntare alla fusione per ottenere un nuovo istituto non scalabile dall'estero rispecchia tuttavia in ambito finanziario la Strategia 2030 per l'industria nazionale illustrata a febbraio dal ministro federale dell'Economia e braccio destro della cancelliera, Peter Altmaier.

Una strategia che prevede una robusta e attiva presenza dello Stato nelle questioni economiche.

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