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Dibba corteggia la base e prepara il suo ritorno

L'ex deputato piccona i «governisti». Vuole legare il suo nome al nuovo ciclo grillino

Dibba corteggia la base e prepara il suo ritorno

Quelli che non abboccano sono la «mina vagante» e l'«anguilla viaggiatrice». Nel giorno in cui Di Maio ha provato a compattare il Movimento sotto la bandiera di un posticcio No alla Tav, si sono fatti sentire due personaggi che tra i Cinque Stelle hanno sempre recitato a soggetto. Due irregolari, né arruolati tra le truppe ortodosse del presidente della Camera Roberto Fico, né proni sulle posizioni del capo politico e di tutto il gruppo che si è accomodato nei ministeri. Senza copione, ma entrambi considerati vicini al Garante Beppe Grillo, i due sono Nicola Morra, senatore e presidente della Commissione parlamentare Antimafia, e Alessandro Di Battista, ex deputato, reporter, scrittore, editor per la casa editrice Fazi.

Morra, la «mina vagante», è tornato a picconare sull'Alta velocità: «Parlare di penali in merito alla rescissione dell'accordo sul Tav Torino-Lione è disinformazione bella e buona - ha scritto rivolto al premier Giuseppe Conte - che si sappia: non è scritto in nessun documento ufficiale, in nessuna dichiarazione di intenti, che l'Unione Europea finanzierà non più il 40%, bensì il 55% dei previsti 9,6 miliardi di costo dell'opera». Morra ha spiegato: «Ci sono, questa è la verità, delle proposte di aumentare la quota di cofinanziamento al 55%, ma sono generiche (e riguardano varie opere europee, non solo il Tav) e nulla di più, e niente in termini di impegni reali». La conclusione del periodo è lapidaria, indirizzata al premier Conte: «parlare di penali in termini minacciosi è evidentemente disinformazione bella e buona». Poi ha proseguito: «Serve solo al Partito delle Grandi Opere. A questo io non ho mai aderito. Aggiungo che quando si valuta la realizzabilità di un'opera, ci si deve sempre responsabilmente porre domande su chi potrebbe essere danneggiato e leso nei suoi diritti dalla stessa». Perplessità anche sull'analisi costi-benefici: «E queste considerazioni non sono traducibili in mere analisi costi-benefici di tipo economico, perché altrimenti ragioneremmo in funzione esclusivamente dell'eventuale profitto cui sacrificare tutto il resto». È questa ultima frase a preoccupare lo stato maggiore del M5s, perché viene vista come un attacco a tutta l'attuale dirigenza pentastellata. E ci sono timori sulle future mosse di Davide Casaleggio e Beppe Grillo, che, a questo punto, potrebbero dichiarare aperta la guerra di successione per la guida del Movimento.

Tra i pretendenti c'è sicuramente Di Battista. Che ieri per la prima volta ha detto chiaramente di voler tornare a fare politica, e non con un ruolo secondario. Dibba prima ha ritwittato il pensiero di Morra, e ha sottolineato: «La penso esattamente come lui». E a un fan che gli aveva scritto: «Senza un tuo ritorno il Movimento sparirà», ha risposto: «Io tornerò in primissima linea solo dopo libere elezioni del popolo italiano. Non accetterò mai nessun incarico senza prima ripresentarmi alle elezioni». Un proponimento dichiarato in pubblico, che nasconde un convincimento privato ripetuto da Di Battista agli amici già da mesi, al suo ritorno dall'America Centrale, ovvero l'intenzione di non accettare nessuna carica dal M5s di Di Maio. Rifiutato un posto nel governo, Dibba sarebbe deciso a scansare anche l'offerta di un posto all'interno della nuova riorganizzazione nazionale del M5s.

L'obiettivo è quello di legare il suo nome al nuovo ciclo grillino, se arriverà, quando arriverà.

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