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Le dichiarazioni della figlia di Erdogan: maschiliste come quelle del padre

Le dichiarazioni della figlia di Erdogan: maschiliste come quelle del padre

Che gli uomini ricevano una parte più importante di eredità secondo la figlia di Erdogan è normale. «Normale», secondo lei, è che gli uomini ricevano un trattamento diverso- ovviamente in meglio- rispetto alle donne. Così, per merito di genere. Sumeyye ha 30 anni e in molti la considerano la possibile erede politica del sultano. E in effetti è in perfetta sintonia con le idee maschiliste che ha già avuto modo di sfoderare il padre. Sumeyye ha argomentato le ragioni del suo pensiero «illuminato» in una conferenza organizzata dal partito islamico Akp del padre a Bruxelles: «se si guarda bene- ha fatto notare alla sua platea- si vede che agli uomini è stata assegnata la responsabilità di portare a casa il pane, che le donne invece non hanno». «È quindi normale, giusto ed equo - ha aggiunto - che si diano fette di eredità più importanti agli uomini». Tale padre tale figlia. Erdogan, a guida della Turchia dal 2002, è stato spesso accusato dagli oppositori di voler accentuare l'impronta islamica sulla società turca, limitando i diritti delle donne. Più volte il presidente ha manifestato in pubblico la sua visione conservatrice in merito alla condizione delle donne. Posizioni che hanno provocato diverse tensioni con le associazioni femminili. In particolare in passato aveva affermato che ogni donna in Turchia dovrebbe partorire almeno tre figli e aveva proposto di limitare il diritto all'aborto e l'uso della pillola del giorno dopo, oltre ad aver tentato di trasformare in reato l'adulterio. «Dio ha affidato la donna all'uomo» ha più volte ribadito consigliando alle donne turche di vestirsi con modestia e di fare almeno tre figli. L'anno scorso il sultano ha dato una nuova prova della sua visione maschilista dichiarando senza troppi giri di parole che «le donne non sono uguali agli uomini. Il loro posto è la maternità». Altro che pari opportunità.

La figlia come il padre condivide questa visione e accusa i paesi occidentali di essersi comportati peggio di quelli musulmani, nel corso della storia, «in materia di repressione delle donne». «Quando esaminiamo - ha detto - la storia delle pratiche di dominazione delle donne, vediamo che riguarda soprattutto i paesi occidentali. Non si vedono paesi islamici». Eppure i dati Onu dicono altro. Peggio della Turchia solo i Paesi dell'Africa sub-sahariana e l'isola di Kiribati nel Pacifico. A luglio del 2011 le Nazioni Unite hanno pubblicato un dossier sulla Turchia, nel quale si legge che il paese della Mezzaluna ha la maglia nera rispetto all'Europa e agli Stati Uniti quanto a violenze domestiche sulle donne. Dal 1998 Ankara ha adottato una legge per la «protezione della Famiglia»: un sistema di protezione nel caso in cui una persona venga sottoposta ad abusi. Le vittime possono rivolgersi direttamente a un pubblico ministero o a una «corte per il diritto di famiglia». Ma ci sono dei però. Ci sono cioè soggetti «esclusi» dalla legge: sono le donne non sposate e divorziate e le donne che hanno contratto matrimoni solo religiosi e non anche civili. A marzo del 2012 il Parlamento turco ha introdotto una nuova legge per proteggere le donne dagli abusi domestici. Le nuove norme sono state celebrate come un successo dell'Akp, ma dall'altra parte le attiviste sono scese in piazza, dichiarando che si poteva fare di più e che in realtà la nuova legge continua a non proteggere le donne come «individui», ma solo in quanto parti di un «assetto famigliare».

Insomma, viva le donne, ma solo se tenute rigorosamente a bada sotto l'ala protettiva della famiglia.

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