Politica

Diktat da Berlino: altri sei mesi di stop a Schengen

Cinque Paesi tra cui Francia e Austria d'accordo con la proposta tedesca al Consiglio europeo

Francesco De Palo

Diktat di Berlino sui migranti: «Controlli per altri sei mesi». Fuga in avanti di sei Paesi capeggiati dalla Germania intenzionati a prolungare il meccanismo di crisi che sigilla le frontiere in tutta Europa. Nella lettera che da Berlino verrà inviata domani all'Ue si chiede di presentare al Consiglio europeo «una proposta che permetta agli Stati membri che lo ritengono necessario di mantenere o di introdurre a partire dal 13 maggio controlli di frontiera provvisori alle frontiere interne di Schengen conformemente all'articolo 26». Per questo, come riportato da Die Welt e confermato da fonti vicine al governo tedesco, l'esecutivo comunitario ha in agenda di agevolare entro una settimana il prolungamento del meccanismo. Il motivo? La protezione delle frontiere esterne dell'Ue non è ancora abbastanza garantita. Pollice in su all'iniziativa da Francia, Austria, Belgio, Danimarca e Svezia. Un chiaro «segnale della capacità di azione dell'Europa» ha detto il ministro tedesco De Maiziere, secondo cui «anche se la situazione dei profughi si è al momento tranquillizzata ai confini lungo la rotta balcanica, guardiamo con preoccupazione agli sviluppi ai confini esterni dell'Ue». E ha messo l'accento sul fatto che gli Stati membri «devono poter adottare controlli alle frontiere interne in maniera flessibile laddove necessario».

Uno scenario in cui si inseriscono due elementi: da un lato la volontà di Bruxelles di modificare il trattato di Dublino, ma senza migliorarne l'aspetto più controverso, e dall'altro la conferma che acque libiche sono diventate ufficialmente la prosecuzione della rotta balcanica, con i trafficanti di carni che si sono spostati dall'Egeo alla Tripolitania. Non cambia la maggiore criticità del trattato, ovvero la responsabilità dell'accoglienza per lo Stato di primo approdo. E invece si vorrebbe aggiungere la regoletta che chi rifiuta l'accoglienza dei profughi potrà pagare solo una multa, scaricando su Italia e Grecia il peso maggiore. Ecco il piano che la Commissione Europea proporrà ai 28 membri tra due giorni, con la magra consolazione per chi, come l'Italia, rimane con la spada di Damocle dell'onere di registrazione e identificazione di chi arriva. Poi sei i flussi dovessero superare il 150% della quota ritenuta compatibile con le possibilità del Paese in questione, solo allora si attiverà la cosiddetta condivisione dell'onere con gli altri Stati. Che però, ed è l'ulteriore salvagente lanciato a chi resta in una posizione privilegiata, potranno tirarsi indietro e cavarsela con una (salata) multa, si dice circa 250mila euro a profugo. Lasciando all'Italia il rischio di una nuova Idomeni, con le tensioni al Brennero e le minacce austriache che non promettono nulla di buono. Invece non è ancora certo se nell'occasione verrà presentata anche la valutazione sulla gestione delle frontiere esterne da parte della Grecia, compreso il tanto discusso articolo 26 del Codice Schengen. Si tratta di quella procedura speciale che dà la possibilità ad uno o più Paesi di riattivare i controlli alle frontiere interne per un biennio al massimo. Intanto le parole del ministro dell'Interno tedesco («Italia lontana dall'essere travolta dai profughi: sostegno solo se ne arrivassero 350 mila») aggiungono sale alle ferite, con lo spettro del caso greco che si staglia minaccioso sullo Stivale. Anche perché il versante libico preoccupa non poco, così come osservato pochi giorni fa da Ali Mustafa Rugibani, incaricato d'affari dell'ambasciata di Libia presso la Santa Sede, secondo cui in Libia «ci sono mezzo milione di persone pronte a partire e questo è un problema per noi ma anche per l'Italia e per l'Europa». Chiusa la rotta balcanica ecco che la Libia torna un punto di snodo dei viaggi della speranza: nella notte tra venerdì e sabato 86 sono i migranti dispersi dopo che il gommone sul quale viaggiavano alla volta dell'Italia si è ribaltato a quattro miglia da Sabrata. Poco prima il mercantile italiano «Valle bianca» ne aveva salvati 26: era stato allertato dalla Guardia Costiera che aveva ricevuto una chiamata da un satellitare, localizzato a 7 miglia dalle coste libiche. Secondo alcune indiscrezioni lì l'Ue vorrebbe realizzare centri di raccolta per dare corpo ad un accordo come quello siglato con Ankara.

twitter@FDepalo

Commenti