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Il diktat grillino ai neoeletti: "State lontano dal Palazzo"

Il movimento non vuole neofiti nelle ore decisive per l'esecutivo. Ma la paga da 12mila euro al mese resta...

Il diktat grillino ai neoeletti: "State lontano dal Palazzo"

Tutti a casa. Questo sembra essere l'unico mantra grillino delle origini che si è concretizzato nella realtà dei fatti. Nel 2013 il Parlamento avrebbero dovuto aprirlo come una «scatoletta di tonno», oggi, col Movimento in doppiopetto, pronto a scalare la stanza dei bottoni, per i neofiti a Cinque Stelle è meglio «rimanere sul territorio». E intascare, in due mesi di trattative, i circa 12mila euro al mese di stipendio, più le varie indennità. Tra cui, ad esempio, il telefono e i trasporti per fare avanti e indietro da Roma. Dall'insediamento delle Camere ad oggi, proprio quest'ultima voce pare sia schizzata in alto all'inverosimile. Perché, a quanto filtra, le matricole grilline non si sono affatto insediate negli uffici di Montecitorio e Palazzo Madama. Su consiglio della «vecchia guardia», Luigi Di Maio in testa.

Secondo una fonte parlamentare che ha raccolto la confidenza da uno dei nuovi eletti stellati, ci sarebbe stato un ordine di servizio, o meglio un consiglio, che i «portavoce» al secondo mandato avrebbero fatto agli esordienti. La direttiva recitava più o meno così: «Non essendoci votazioni d'aula non dovete vidimare il badge, quindi non vengono prese le presenze. Potete restare a casa, vi diremo noi quando venire». Lo stesso discorso vale per i collaboratori parlamentari, in molti casi già assunti e pagati, ma ancora non proprio a loro agio con la frenetica vita romana, tra buche, traffico, vertici top secret e autobus in modalità fiammifero. Jose De Falco, presidente dell'Associazione italiana Collaboratori Parlamentari, intervistato dalla blogger ed ex attivista M5s Debora Borgese in merito all'inattività del Parlamento, sul sito di informazione online L'Urlo ha spiegato: «Anche in questo momento ciascun parlamentare può elaborare proposte di legge, interrogazioni, mozioni, risoluzioni, interpellanze. Non a caso anche senza un governo e l'insediamento delle commissioni ciascun parlamentare si vede corrisposta l'integrale voce di spese per esercizio di mandato ed ogni altra attività». Da fare, quindi, ce ne sarebbe per tutti.

Ma per i grillini c'è una novità. Un ragionamento della pattuglia di parlamentari «esperti» che avrebbe preferito non avere tra i piedi durante l'impasse per il governo un gruppone di «dilettanti» ai quali spiegare i complessi meccanismi del palazzo. Di conseguenza, l'esercito di camerieri, precari, impiegati, centralinisti dei call center e professionisti eletti il 4 marzo è stato lasciato in «vacanza forzata». Causa ingresso del M5s nelle stanze che contano. La stessa Borgese, attivista storica, ora in prima linea nella denuncia delle malefatte grilline e più volte minacciata dai pentastellati, ha scherzato col Giornale: «Tutti a casa è diventato uno stile di vita. In altri tempi il M5s avrebbe denunciato queste cose».

Ora è tutto diverso. Il Movimento ha archiviato l'antico meccanismo delle «graticole» pubbliche per prendere le decisioni, dove tutti avevano indiscriminato diritto di parola e di voto, e hanno buttato in soffitta pure lo streaming. Preferendo gli incontri a porte chiuse, come quelli di queste ore in corso con Matteo Salvini e gli sherpa leghisti, all'opera nella definizione del «contratto di governo» e nella spartizione delle poltrone per il futuro esecutivo. I deputati e i senatori al gran completo vengono convocati dallo staff quando il «capo politico» comunica le decisioni prese con il suo ristretto cerchio magico. Poi tutti a casa.

È la politica, bellezza.

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