Cronache

Il diritto a essere disconnessi diventa una clausola di lavoro

La battaglia dei bancari: per il rinnovo del contratto chiedono di staccare gli apparecchi fuori dall'ufficio

Il diritto a essere disconnessi diventa una clausola di lavoro

Riprenderci il tempo, ritornare a vivere. Quando gli impegni digitali occupano anche gli spazi di riposo, non si riesce mai a staccare la spina. Essere sempre connessi è una caratteristica dei tempi moderni. Spesso, portiamo il lavoro a casa e non smettiamo di rispondere ai clienti o ai colleghi. C'è sempre qualche compito da fare; una mail ci arriva mentre facciamo la spesa o mentre stiamo cenando. Il lavoratore ha sempre meno la possibilità di fruire del proprio tempo libero. Molto frequentemente, dinamiche interpersonali e relazionali che si sviluppano all'interno dei contesti di lavoro, unite al senso di responsabilità del dipendente, lo portano a rispondere a mail e messaggi al di fuori del suo normale orario di lavoro.

Ed ecco una sfida innovativa per una categoria professionale: nello studio sulla piattaforma del rinnovo dei contratti del settore bancario, oltre alle altre cose, c'è anche il diritto alla disconnessione. Questo è un tema che sta iniziando ad emergere e sarà destinato a creare dibattito e confronto anche in altri settori. Alla Fisac, la federazione italiana sindacato assicurazione credito della Cgil, nei sindacati e nella stessa Cgil, si sta discutendo del tema della connessione perpetua dei dipendenti. Abbiamo chiesto a Giuliano Calcagni, segretario generale della Fisac. «Formuleremo una piattaforma unitaria al rinnovo del Ccnl che contenga il diritto alla disconnessione», ci dice Calcagni. Sarà una cosa che chiederà che la disconnessione «non avvenga su base volontaria». In pratica, si va alla radice, il lavoratore avrà la possibilità-garantita da norme contrattuali- di disconnettersi dagli apparecchi aziendali fuori dall'orario di lavoro. E questa è una cosa positiva. Quello bancario, è di fatto «il primo settore in cui viene fatta un'operazione di questa natura», dice Calcagni. Aggiunge anche che spesso la connessione «invece che liberare le persone, le tiene legate». Stiamo «provando a fare questa operazione» perché «il lavoratore deve essere disconnesso e non connesso a vita». Insomma, una trattativa per il rinnovo dei contratti ai bancari, che pone in essere per la prima volta in Italia il tema della disconnessione come diritto del lavoratore. Ma essere connessi è un imperativo per molti mestieri. Soprattutto per quelli in cui lo strumento di lavoro sono social, telefonini e computer. Pensiamo a un social media manager o ad un ufficio stampa. Pensiamo anche alla categoria a cui apparteniamo noi giornalisti. Ma non vale solo per queste categorie di lavoratori: pensiamo anche a chi lavora attraverso applicazioni, come i riders di Foodora. E non dimentichiamo che molti mestieri prevedono una presenza fissa sui social network. Gli insegnanti, nel 2018, hanno ottenuto il diritto di essere contattati esclusivamente in certe fasce orarie. Però, per ora, i confini di questo diritto nell'ordinamento italiano sono ancora poco delineati e servono regole più precise. Il diritto a disconnettersi sta prendendo piede in Francia e in Germania ed è una delle cose che farà discutere negli anni a venire: un punto che è destinato sicuramente a diventare una leva di contrattazione tra sindacato e impresa. La connessione perpetua è nata in tempi recenti.

Prima dell'avvento di internet e delle mail, quando si staccava dal lavoro, si staccava veramente. Oggi, con le nuove tecnologie, tutto è cambiato: siamo sempre raggiungibili. Ma lavorare 24 ore su 24 non è normale, perché il lavoro e i suoi tempi prevedono una cosa sacrosanta: il diritto al riposo. Però, c'è anche la connessione per svago: siamo quasi tutti sui social, il mondo digitale ci ha inglobati e il reale si mescola al virtuale. Ormai, senza social è come se non sapessimo quasi vivere. L'altro ieri, Facebook, Instagram e Whatsapp sono andati in down. Essendo abituati ad avere questi strumenti sempre disponibili, ci siamo lamentati. Certo, è stata l'occasione per uscire dal vortice social per un momento.

Ma oltre al senso di impotenza per il malfunzionamento, questa cosa ha resi disorientati, soli e staccati da un modo virtuale che ormai ci appartiene.

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