Politica

La dittatura della forma ormai ha strangolato la sostanza

U n tempo si usava parlare di «forma» e di «sostanza». Oggi si dice: il contest, l'experience e il product. Chi ha in odio l'abuso di inglesismi (e di tecnicismi), soprattutto in ambito lavorativo, avrà già i capelli verdi dal nervoso. Io, invece, preferisco optare per la libertà di espressione: chiamatelo pure contest, chiamatela experience, chiamateli tutti come diavolo volete, ma il concetto che mi sta a cuore non cambia, e si potrebbe condensare in un unico concetto, e cioè: la forma ha la sua importanza, ma guai a dimenticarsi della sostanza! L'esperienza che si vive, sia che ci troviamo in una boutique, in un grande magazzino o in un ristorante, è importante, anzi, importantissima, per carità: ma altrettanto importante, anzi, di più, è la vera qualità di ciò che si acquista o di ciò che si mangia.

Già, perché oggi, a volte, passa un concetto pericoloso, che vuole che experience o content siano più importanti del prodotto stesso, benché questi concetti nascano esattamente per salvaguardare e promuovere la qualità del prodotto. Purtroppo non è sempre così. Vi faccio un esempio eclatante, ma che rende bene l'idea: andare in un ristorante di grande raffinatezza nel design e nell'arredamento, nel quale, a un certo punto della serata, arriva il cuoco in persona a tagliarvi il pesce con una scimitarra, sarà senz'altro un'esperienza straordinaria e interessantissima, ma se poi quel pesce così brillantemente tagliato di fronte ai vostri occhi sarà modesto nel gusto, pieno di spine e cotto in maniera banale, tutto il content e l'experience saranno stati inutili.

Al contrario, una semplice trattoria, magari e semplice nell'arredamento, ma nella quale si mangi benissimo, sarà mille volte più soddisfacente, per la nostra esperienza intima e personale, di un ristorante raffinatissimo nell'arredamento e nella forma, ma dal gusto non eccelso. Ugualmente, un negozio che abbia dei testimonial straordinari, ma dei prodotti scadenti, non potrà che deludere il suo pubblico. Così è anche la natura umana: una donna vestita benissimo, truccata e ingioiellata come la Madonna di Lourdes, se non avrà anche bellezza, fascino e personalità, a lungo andare non riuscirà a sedurre nessuno.

E la natura? La natura è allo stesso tempo forma e sostanza. La natura, maestra di vita, madre di tutte le cose, animate e non animate, non conosce distinzioni tra forma e sostanza: guardare, come è capitato a me qualche sera fa, un grande giardino, all'interno del quale le foglie e i rami degli alberi sembrano a volte danzare al ritmo del vento e ai raggio della luna, è insieme experience, content e prodotto (se mai si può parlare di prodotto per una cosa meravigliosa come la natura).

Anche nel campo dell'arte, a volte, concentrandosi troppo su content ed experience, si finisce per perdere di vista il senso di ciò che si va a proporre al pubblico. Ecco allora sorgere immensi musei per l'arte contemporanea, le cui pareti (spesso storte e a-funzionali) non ospitano però (e forse non sono proprio fatte per ospitare) né quadri né sculture, considerati entrambi obsoleti, in favore di opere effimere, immateriali, tanto labili da sembrare inesistenti.

Noi, che amiamo girare per le grandi capitali europee visitando i musei storici, abbeverandoci delle bellezza delle grandi opere del Rinascimento, del Barocco o del Settecento, di fronte a queste cattedrali nel deserto, piene di fascino e di experience ma vuote di opere, rimaniamo un po' delusi.

A volte, preferiremmo tornare a un po' di sana sostanza, lasciando perdere sia l'italianissima «forma» sia i nuovi, terribili inglesismi di cui siamo perennemente circondati.

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