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Dov'erano Bankitalia e Consob quando le banche fallivano?

Per il commissario Ue, Hill, i prodotti "non erano idonei" per i clienti. Ma per le nostre authority andavano bene. Mentre gli ispettori non si accorgevano della malagestione

Dov'erano Bankitalia e Consob quando le banche fallivano?

I risparmiatori che hanno investito nei bond subordinati delle quattro banche salvate conoscevano i rischi», ha detto lo scorso 4 dicembre il presidente della Consob, Giuseppe Vegas sventolando il prospetto informativo di una delle obbligazioni incriminate. In cui secondo lui c'era scritto tutto, bastava leggere. Come i «bugiardini» delle medicine.Eppure ai piani alti delle istituzioni europee non la pensano così. Anzi. Sarà per l'irritazione dello scaricabarile partito mercoledì dal governo Renzi in tandem con Banca d'Italia, ma ieri da Bruxelles sono tuonate le parole di Jonathan Hill, commissario ai mercati finanziari: «Nel caso delle quattro banche italiane ci sono chiare conseguenze per i cittadini che si sono trovati in una situazione in cui gli istituti stavano vendendo prodotti non idonei». Un modo elegante per dire che quei bond subordinati non dovevano essere venduti alla clientela cosiddetta retail, ovvero non esperta. Hill ha poi aggiunto che è il governo italiano responsabile delle decisioni prese per la risoluzione di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, rilevando di essere consapevole che «ci sono state conseguenze per molte persone molto dure e difficili». Resta il fatto che queste banche «vendevano prodotti non adatti ai loro clienti, che con ogni probabilità non sapevano ciò che stavano comprando». Insomma, il caso italiano «rimanda alla necessità di garantire agli investitori condizioni di sicurezza» in termini di trasparenza, di informazione valida sulle scelte che ognuno compie rispetto ai rischi che possono materializzarsi. Perché senza essere certi che il cliente ha davvero capito che cosa c'è in gioco, la fiducia resta una chimera.Quindi non bastava leggere il prospetto come diceva Vegas? E di chi è la responsabilità della mancanza di «idoneità» sollevata dal commissario Ue? Per dare una risposta il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, ha chiesto una Commissione parlamentare d'inchiesta che faccia luce su «cosa ha fatto Banca d'Italia, cosa ha fatto Consob sul sistema bancario, visti i tragici risultati di questa mancata vigilanza». Richiesta appoggiata dal Movimento 5 Stelle, da Scelta Civica e pure da Renzi.Nel frattempo, affidiamoci proprio alle regole scritte come invoca il presidente della Consob. E prendiamo un testo che appare sul sito della Commissione che contiene i chiarimenti relativi alla «Comunicazione sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail». Dove il Garante del mercato sottolinea che «gli operatori dovranno prestare la massima attenzione alle fasi di distribuzione delle obbligazioni subordinate nei confronti della clientela al dettaglio». Operatori che comunque vanno controllati per evitare preventivamente che certi prodotti o strumenti rischiosi finiscano nelle mani sbagliate. Ma le eventuali falle nella vigilanza, più che a valle della vendita andrebbero cercate a monte. Ovvero nelle ispezioni che hanno fatto emergere casi di mala gestione. Come nel caso delle quattro malate, tutte commissariate da Bankitalia. E forse non è un caso, fanno notare i più maligni, che molti bubboni siano scoppiati da quando sono arrivati gli sceriffi della vigilanza unica della Ue. Intanto i banchieri «sani» si chiedono se dovranno mettere ancora mano al portafoglio dopo i quasi 4 miliardi sganciati per salvare le quattro malate del sistema.

E come si potranno fare nel 2016 le fusioni fra Popolari senza troppi cartellini alzati dagli arbitri europei, dopo aver aperto uno scontro frontale con Bruxelles.

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