Economia

Draghi sta con Bruxelles e bacchetta i gialloverdi: stop a debito e minibot

Il presidente Bce prende le difese della Ue: il governo sia "credibile" sui conti pubblici

Draghi sta con Bruxelles e bacchetta i gialloverdi: stop a debito e minibot

Il debito pubblico deve essere ridotto in modo «credibile», sono da escludere i minibot che nella migliore delle ipotesi lo fanno aumentare. Non ci sono solo i falchi di Bruxelles a intralciare i sogni del governo gialloverde. Mario Draghi ieri ha preso le difese della Commissione europea che ha fatto il primo passo per avviare una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo contro l'Italia. Il presidente della Bce ha specificato che a Roma l'esecutivo europeo non ha chiesto un «calo rapido di questo rapporto». Il piano di riduzione deve però essere «credibile» perché verrà «misurato sulle azioni che seguiranno».

Un richiamo indiretto al governo, che contesta le cifre di Bruxelles e, almeno per il momento, non ha accettato di mettere mano ai conti del 2019 e del 2020. Un'altra stoccata all'esecutivo gialloverde arriva sui minibot, obbligazioni di piccolo taglio senza scadenza che lo Stato dovrebbe usare per pagare i debiti verso le aziende creditrici della pubblica amministrazione. Nei giorni scorsi una mozione della Lega alla Camera ha impegnato il governo a introdurli, ma per Draghi restano una soluzione impraticabile. Sarebbero «un'altra moneta», quindi «illegali». In alternativa sarebbero «altro debito». Inutili, quindi, se l'obiettivo è evitare i vincoli europei.

Poche ore prima della conferenza stampa di Draghi a Vilnius era stata l'agenzia di rating Moody's a bocciare i minibot, «primo passo verso la creazione di una valuta parallela e una mossa preparatoria all'uscita dell'Italia dall'Eurozona» e a mettere in guardia l'Italia non tanto dall'avvio di una procedura d'infrazione europea, quanto dal «deterioramento del sentiment di mercato». Giudizi importanti, anche perché il 6 settembre Moody's dovrà rivedere il rating del debito italiano.

Prima dell'agenzia, toccherà comunque all'Europa. Ieri sono arrivati segnali di chiusura da Bruxelles. In un'intervista a Repubblica il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, ha accusato il governo di fare spesa pubblica in deficit senza effetti sull'economia se non un rallentamento. Poi ha chiesto all'esecutivo italiano «una correzione sostanziale del deficit 2019 e sul 2020, anni in cui ci sono rischi di una nuova deviazione significativa». Correzione che non potrà che comprendere gli aumenti dell'Iva.

In Italia il ministro dell'Economia Giovanni Tria ostenta sicurezza. «Proveremo a convincerli», spiegava ieri a chi gli faceva presente la distanza tra l'esecutivo europeo e il governo Conte. L'Italia punta per il momento a un rinvio della procedura di infrazione per disavanzo eccessivo. Martedì i tecnici dei ministeri delle finanze dell'area euro dovranno decidere se andare avanti e potrebbero scegliere di aspettare le nuove stime sui conti pubblici annunciate dal governo italiano.

Per Renato Brunetta di Forza Italia è un «manicomio», visto che dall'esecutivo arrivano informazioni «contraddittorie e false» mentre il nostro paese è «a un passo dal commissariamento».

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