Politica

Il dramma marò e il silenzio di Napolitano

Vogliamo diffidare ministri e parlamentari dal lasciarsi andare a facili entusiasmi: non hanno alcuna ragione di gioire perché il fuciliere di Marina sarebbe rimpatriato per le sue condizioni di salute e non perché l'Italia ha fatto valere i suoi diritti

Massimiliano Latorre ha lasciato ieri l'ospedale indiano in cui era ricoverato per un ictus. Il marò «si sta riprendendo molto bene - hanno raccontato i medici -, dovrà seguire alcune terapie e vivere in un ambiente tranquillo». Quale sia l'ambiente tranquillo non è dato sapere, visto che dovrà tornare alla solita residenza nell'ambasciata italiana dove è stato colto dal malore. Se, il condizionale è d'obbligo, la corte suprema indiana accoglierà oggi la richiesta di rimpatrio per motivi di salute, Latorre potrà tornare a riabbracciare i suoi cari in tempi brevi. Ma, per quanto ci auguriamo che ciò accada, vogliamo comunque prevenire e diffidare ministri, parlamentari e compagnia bella dal lasciarsi andare a facili entusiasmi e a manifestazioni di giubilo. Non hanno alcuna ragione di gioire perché il fuciliere di Marina sarebbe rimpatriato per le sue condizioni di salute e non perché l'Italia ha fatto valere i suoi diritti. E dovrebbero vergognarsi due volte, perché dopo trenta mesi di prigionia solo l'eventuale disponibilità dei giudici, e non le pressioni politiche e diplomatiche, i ricorsi alle sedi internazionali, avrebbe consentito la sua liberazione. Inoltre, la vicenda sarebbe tutt'altro che risolta: a New Delhi rimarrebbe infatti Salvatore Girone a sostenere da solo il peso dell'infame prigionia.

Eh no, chi avrà diritto di gioire sarà solo la famiglia, che potrà riabbracciare e riavere accanto Massimiliano dopo tanto tempo. Anni di vita gettati via per l'incapacità e la codardia dei nostri governi. Ma, a parte la palese inerzia, in questi due anni e mezzo è brillata per la sua assenza la voce del presidente della Repubblica. Lui, che non ha mai fatto mancare appelli, moniti, note e opinioni su tutti gli argomenti, dalle riforme alle questioni internazionali, dalla cultura alla trattativa Stato-mafia. Ci aspettavamo dal comandante in capo delle Forze Armate una dichiarazione di sostegno, di solidarietà, una moral suasion (alla quale è avvezzo) su governo ed Europa per dare spinta a una soluzione sulla crisi con l'India.

Niente, neppure una parola. Neanche quando Latorre è finito all'ospedale. Eppure la sua voce non è mai mancata quando disgrazie o disavventure hanno toccato gli italiani in patria o all'estero. Come comandante delle Forze Armate non ha pensato molto ai suoi soldati. Come garante della Costituzione e della giustizia non si è mai posto il quesito se ai due marò fossero stati negati i diritti, se all'Italia fosse stato fatto un grave torto con la violazione di norme e accordi internazionali, dal diritto del mare all'immunità funzionale. Perché? Al capo dello Stato fanno schifo i servitori dello Stato? Al presidente della Repubblica non interessano i problemi dei cittadini della Repubblica? Sarebbe ora che esprimesse pubblicamente un'opinione sulla vicenda. Non sente il dovere istituzionale e morale di farlo? L'Italia aspetta.

Da due anni e mezzo.

 

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