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Due cent per busta, italiani spiazzati

Nei supermarket clienti impreparati alla gabella. Il Codacons protesta

Due cent per busta, italiani spiazzati

Roma L'unica cosa certa in questo primo giorno del 2018 è che non trovi la fila alla cassa. Qua e là per Roma ci sono alcuni supermercati aperti: Pim, Conad, Carrefour, Todis. Nessuno è affollato. Il vantaggio è che c'è tempo per chiacchierare. Ce n'è uno, per esempio, in via dei Sabelli dove una signora di una certa età sta con attenzione scegliendo la frutta, prende una mezza dozzina di arance e le fa cadere una alla volta nel sacchetto, stesso gesto per pere e mele, che per saggezza matematica non vanno mai contate insieme e per l'uva. Le pesa alla bilancia separate. Per ogni insieme il suo prezzo.

Non si è accorta che le buste sono nuove e soprattutto non sa che dovrà pagarle. «Ma come costano e da quando?». «Da oggi». «E quanto?». «Qui due centesimi, ma possono arrivare anche a cinque». In tutto quattro per due otto fanno otto centesimi. Non è una somma da sentirsi male, però l'idea di pagare questi sacchetti che stanno vicino alle bilance insieme ai guanti nel reparto frutta o pane la signora la trova un po' stramba. Non è la sola. Più di qualcuno quando è stato informato della nuova norma sugli «shopper ultraleggeri», biodegradabili al 40 per cento. È per tutelare l'ambiente, dicono. «Ok - è la risposta - ma perché dobbiamo pagarli». È più il fastidio che la spesa.

L'idea è che alla fine sia sempre il consumatore a rimetterci. È quello che sottolinea il Codacons. «Si tratta di un balzello inutile che non ha nulla a che vedere con l'ambiente e con la lotta al consumo di plastica - spiega l'associazione - È una vera e propria tassa. Sono costi che dovrebbero essere solo a carico delle aziende e dell'industria. Alla fine ci sarà un amento di spesa che potrà raggiungere i 50 euro annui a famiglia». Qualcuno, più per tigna che per risparmiare, dice che si conserva il sacchetto e la prossima volta se lo porta da casa. Non si può, vietato per l'igiene. «Vabbé - sostiene un universitario che sembra appena caduto da letto - così è una furbata. È un modo per racimolare soldi giocando sugli spiccioli e i grandi numeri. Neppure gli accattoni».

Chi sta alla cassa dice che non è certo colpa loro. Ne sa qualcosa in più il direttore del supermercato. «Questa storia danneggia anche noi. È un danno all'immagine e certo non ci guadagniamo nulla. A me sembra che sia un favore fatto alle aziende che li producono». In effetti è un nuovo affare messo su con la scusa dell'ambiente. Non sono molte quelle autorizzate a fabbricarle e, mettendosi d'accordo, potrebbero imporre il prezzo alle catene di supermercato. Insomma, è un rimpallo di responsabilità.

Ma siamo davvero sicuri che tutto questo serva a rendere il mondo più pulito? «Io questo sacchetto - dice uno che ha appena comprato qualche rosetta - lo butto nella spazzatura come gli altri».

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