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Due italiane rapite in Siria Altre incoscienti da salvare

Sequestrate ad Aleppo Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, due incoscienti da salvare sull'orlo del baratro

Due italiane rapite in Siria Altre incoscienti da salvare

Solidarietà, certo, mancherebbe. Perché come si fa a non essere vicini, a non sperare il meglio per due ragazze che invece di andarsene al mare con gli amici decidono di passare l'estate in Siria, tra le macerie, sotto le bombe, ogni giorno col cuore in gola per dare una mano ai bambini di quel martoriato Paese? Bello, vero? Essere pronti a gettare idealisticamente il cuore oltre l'ostacolo, sacrificarsi per gli altri. Meno bello - e questo è l'aspetto che varrà la pena sottolineare, quando tutto sarà finito - è gettare oltre l'ostacolo anche i soldi dei contribuenti per pagare riscatti milionari o imbastire complesse, rischiose, talvolta mortali operazioni di recupero di certe signorine che oltre alla loro vita non esitano a mettere a repentaglio anche quella degli altri. Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, sparite nel nulla sei giorni fa ad Aleppo, sequestrate da una banda di tagliagole torneranno, ne siamo certi. Ma quando saranno di nuovo tra noi qualcuno dovrà spiegarle che la guerra, le bombe, quei territori «comanche» dove morire è più facile che vivere sono una cosa troppo seria, troppo crudele per due ragazzine. Che sognare di andare in battaglia «per dare una mano», per «testimoniare», come troppe volte abbiamo visto fare a tante anime belle, dalla Bosnia all'Irak di Saddam, è una cosa che si può sognare benissimo tra i piccioni di piazza del Duomo, un selfie dopo l'altro, abbracciate strette strette, quando il rischio maggiore è di beccarsi un «regalo» dai pennuti. Ma senza i nervi, la preparazione, il carattere, l'esperienza che ti dice cosa fare e cosa non fare; senza quel rude pragmatismo che ti viene dopo aver battuto i marciapiedi di tante guerre è meglio stare a casa. Non ci si improvvisa reporter di guerra, e non ci si improvvisa neppure cooperanti senza aver imparato come si fa, come ci si comporta, come è fatto il sorriso che ti salverà la vita quando ti troverai di fronte a un mascalzone che vuole i tuoi soldi e le tue scarpe, o al ragazzino che sbuca dall'angolo di una casa, e per rabbia, per vendetta, o anche solo per paura, lascia partire una raffica di mitra che può spedirti all'altro mondo in un amen. Sono le stesse cose che scrivemmo nel settembre di dieci anni fa, quando a Bagdad vennero liberate Simona Torretta e Simona Pari. Le «due Simone» uscirono incolumi da un'avventura durata tre settimane. Non così andò l'anno dopo, quando sempre a Bagdad rapirono la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena. Per liberarla, quella volta, morì l'agente del Sismi Nicola Calipari. Che dire di più, in queste ore? Niente. Fermiamoci qui. Intrecciamo le dita, sperando di rivedere presto queste altre «Simone».

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