Politica

E Armani ridisegna un'estetica gentile

Visoni rosa dalla Ravizza, colori cosmetici da Agnona, note ricamate dalla Liberatore

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La globalizzazione estetica vista sulla passerella di Giorgio Armani è la cosa più gentile che ci sia. Tra tante urla modaiole finalmente si leva forte e chiara di uno stile che non ha bisogno di rubare e tantomeno di cancellare, ma semplicemente guarda il mondo, segue le tracce di altre culture, ne coglie il meglio e lo traduce col proprio vocabolario. L'inclusione diventa così un abbraccio in cui predomina il linguaggio armaniano fatto di purezza, rigore, linearità, ma non si cancellano mai i segni di un altrove interessante. Ecco quindi il nodo del burnus marocchino che chiude l'orlo di un pazzesco cappotto rosa pallido e di alcune gonne a palloncino. Ci sono molti poncho e alcuni stupendi scapolari lunghi fino alle caviglie, ma a malapena si avverte il profumo della tradizione sudamericana stemperato come è nella dolcezza preziosa del grigio-pietra. Lo stesso si può dire delle chilometriche frange di pelle innestate su un giacchino di capra: niente a che vedere con lo stile gaucho, anche se qualcosa arriva certo da lì. Da qualche parte ci deve essere un kilim che ha dato il via al sontuoso ricamo sull'anorak in paillette rosa abbinato con gli impeccabili pantaloni blu. E poi i cappelli che forse vengono dal pakol afgano, ma certo sono sontuosi e pratici colbacchi che una donna deve pur avere in caso di freddo.

L'apoteosi arriva comunque con il tailleur pantaloni da gran sera: un gessato in cristalli così squisitamente Armani che da più di 40 anni fa il giro del mondo. Inevitabile chiedere allo stilista-imprenditore quale capo preferisca tra i tanti presentati. E lui serafico: «Non saprei dire, mi piacciono tutti». Anche Angela Missoni fa un grande lavoro su un mix di culture che può passare dalla Scozia alla Giamaica, dal Tibet a New York, la capitale di tutti i segni ma anche dei sogni di un'inquieta umanità. Davvero una gran collezione. Lo stesso si può dire di quella disegnata per Agnona dall'inglese Simon Holloway che ha mescolato con estremo equilibrio i colori cosmetici, la sofisticata modernità della Rachel di Blade Runner e le immagini di un house organ prodotto dalla maison negli anni Ottanta. Simonetta Ravizza dona a ogni donna un cuore di visone rosa senza mai essere leziosa, ma anzi con la sofisticata aggressività della stampa tigre o leopardo su un'innocua capra doppiata di rosa. Bellissimi tutti i cappotti maschili con femminili stole di volpe con stampa matulata. La vera sorpresa della giornata arriva con Francesca Liberatore che torna a sfilare a Milano dopo 7 stagioni a New York e porta in passerella le parole delle canzoni che ha usato nelle sue precedenti colonne sonore ricamate oppure a jaquard nella maglieria sulla collezione del prossimo inverno. Su una gonna leggi la prima strofa de La guerra di Piero, su una stola i versi di Battiato e poi Remember degli Air su un sublime paltò di maglia cammello mentre su quello blu con lo skyline di Manhattan c'è New York di Ermal Meta.

Il bello è che tutti ricami son stati fatti in Pakistan dove la designer romana è stata inviata dall'Unido, l'agenzia delle Nazioni Unite che promuove lo sviluppo industriale e la globalizzazione inclusiva.

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