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E il governo rischia lo strappo. La Difesa: "Non è competente"

Il ministro Trenta contro l'uscita del collega: "La missione Sophia dipende da noi ed Esteri. È un vanto per l'Italia"

E il governo rischia lo strappo. La Difesa: "Non è competente"

«Eunavfor Med è una missione europea ai livelli Esteri e Difesa, non Interni». Con questo scarno comunicato fatto filtrare dal ministro pentastellato della Difesa, Elisabetta Trenta, si è riaperto lo scontro nell'esecutivo tra il fronte M5S e Matteo Salvini.

Segni di una convivenza che si fa ogni giorno più difficile. D'altronde, sin dagli esordi il problema migranti aveva aperto le prime crepe tra i Cinque stelle e il risoluto leader del Carroccio insediatosi al Viminale. Un esempio ne è la questione della chiusura dei porti alle Ong, immediatamente invocata dal «Capitano» subito rintuzzato dal titolare delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che rivendicava la competenza concorrente sulla gestione delle autorità portuali. Poi l'esponente grillino si è, in un certo senso, «accodato» al collega, un po' per convenienza politica e un po' per ordini di scuderia.

La stessa scena si è ripetuta ieri quando Salvini ha preannunciato che al vertice dei ministri dell'Interno a Innsbruck avrebbe portato sul tavolo la missione Eunavfor Med per il presidio delle rotte degli scafisti e il contrasto all'immigrazione clandestina. Trenta ha fatto capire che il tema spetta a lei in merito alla modifica delle regole d'ingaggio e al titolare della Farnesina Moavero Milanesi per la parte diplomatica. Un modo come un altro per evidenziare che Salvini avrebbe fatto meglio a tacere.

Un modo come un altro per recuperare quella visibilità «a sinistra» dei pentastellati che il segretario della Lega sta oscurando con il suo presenzialismo. Trenta pochi giorni fa ha sparato che l'Italia non avrebbe acquistato altri caccia F-35, un gioco di parole che sottintende la volontà di non effettuare acquisti aggiuntivi, ma non certo quella di sottrarsi al rispetto di contratti già siglati. Non è che l'altra faccia della sensibilità «socialista» dell'M5S che si è intestato la stretta sui contratti a termine del decreto Dignità, un caposaldo della Cgil sigillato a suon di limite ai rinnovi e aumento dei contributi.

Il governo Salvini-Di Maio nel suo primo mese non è stato altro che un piantare bandierine: la Lega sull'immigrazione e i pentastellati su vitalizi e lavoro. Ma ora che il Nord produttivo sta alzando la voce, il leader del Carroccio è chiamato a un salto di qualità, sotto tutti i punti di vista. E se gli obiettivi non fossero raggiunti, potrebbe sempre indicare gli alleati come anello debole della catena. Discorso diverso per il capo politico dei Cinque stelle che sul governo si sta giocando tutto e che, per non far saltare tutto, ha dovuto pure dismettere il vestito del giustizialista per difendere l'altro vicepremier.

Per dirla con i termini dell'intelligence, si tratta di un conflitto «a bassa intensità». Una schermaglia qui una dichiarazione là, sempre senza far saltare il banco. Il vero banco di prova sarà la legge di Bilancio 2019 dove i due vicepremier dovranno tradurre le parole in fatti su tasse, lavoro e anche sul capitolo immigrazione che assorbe oltre 4 miliardi di risorse all'anno.

Ad aspettarli ci sarà un altro «avversario»: il ministro dell'Economia Tria che, a stare alle dichiarazioni, non è in vena di regali.

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