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E intanto i jihadisti dell'Isis tagliano gole a Sabratha

Riccardo PelliccettiMentre Italia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia si preparano a fermare l'inarrestabile espansione dell'Isis in Libia, le brigate del Califfato continuano imperterrite a colpire impianti petroliferi e a compiere sortite contro le milizie libiche per sottrarre loro territorio. Ieri i combattenti dello Stato islamico hanno temporaneamente occupato la città di Sabratha, nell'ovest della Libia, prendendo anche il controllo per qualche ora del quartier generale della sicurezza prima di essere respinte. Nell'attacco sono stati uccisi 23 miliziani della città, fedeli al governo di Tripoli, 12 dei quali sono stati decapitati. Per nulla intimoriti dai bombardamenti americani del 19 febbraio proprio su Sabratha, le bandiere nere hanno attaccato di nuovo le installazioni petrolifere, distruggendo due depositi di greggio a Sida. L'obiettivo degli attacchi dell'Isis è chiaro: togliere le fonti di finanziamento alle milizie avversarie e ai governi locali e, attraverso il caos, imporre il loro dominio, com'è già accaduto in Iraq e in Siria. Ma sembra che ormai i tempi siano maturi per un intervento militare internazionale. Nelle capitali occidentali si nutre scarsa fiducia nell'ultima mediazione delle Nazioni Unite e sono tutti convinti che l'espansione jihadista vada fermata al più presto, anche a costo di dividere in due la Libia. Brett McGurk, incaricato della Casa Bianca per la lotta allo Stato islamico, ha di nuovo sottolineato che l'America non è disposta ad assistere passivamente alla crescita del Califfato in Libia che tenta di arruolare sempre più volontari dal Maghreb e dall'Africa Centrale. «Agiremo ogni volta che verrà individuata una minaccia diretta». Parole che di fatto permettono di attaccare qualunque base dell'Isis in ogni momento. E alle quali si sta adeguando per la prima volta anche il governo italiano. «Se ci sono iniziative contro terroristi e potenziali attentatori dell'Is, l'Italia farà la sua parte insieme con gli alleati», ha detto il premier Matteo Renzi. Così Roma, Parigi e Londra si stanno allineando alle posizioni delle Casa Bianca. Sul fronte militare, la macchina dei raid è già pronta. Ci sono ricognizioni aeree continue, con droni americani e italiani che decollano da Sigonella e quelli inglesi che decollano da Cipro. Altri velivoli spia, inclusi gli Amx italiani schierati a Trapani, scattano foto e monitorano le comunicazioni radio grazie ad apparati a lungo raggio, che gli permettono di restare fuori dallo spazio aereo libico. Sul terreno, poi, già operano le forze speciali. Ieri il quotidiano Le Monde ha rivelato che i commando francesi effettuano «operazioni clandestine» contro lo Stato islamico in Libia. Un funzionario della Difesa ha spiegato al giornale che «l'ultima cosa da fare sarebbe intervenire in Libia. Bisogna evitare ogni ingaggio militare aperto, bisogna agire discretamente». Le forze speciali francesi sarebbero state schierate a Bengasi, nell'est della Libia, «per sostenere» le operazioni militari in corso lanciate dall'esercito guidato da Khalifa Haftar. I commandos transalpini stazionerebbero nella base aerea Benina, e «hanno creato un comando di coordinamento» delle operazioni militari. Le rivelazioni di Le Monde hanno creato scompiglio a Parigi. Il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, furioso per la fuga di notizie, ha chiesto un'indagine per identificare le fonti.

Sono notizie che «compromettono la difesa e la sicurezza nazionali», ha affermato Le Drian.

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