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E irrita pure i francesi: «Siete peggio dei Galli»

Il presidente «inciampa» su un mito del Paese. Niente scuse: «Manca senso dell'umorismo»

Gaia Cesare

Ci mancava solo la gaffe che colpisce l'orgoglio dei connazionali. Come quando Obelix s'infuria perché gli danno del ciccione, Emmanuel Macron fa imbufalire i francesi definendoli dalla Danimarca «galli refrattari al cambiamento» e usando - proprio ora che il governo europeista di Parigi è in scontro con i sovranisti del governo di Roma - il nome dato dagli antichi romani a chi viveva in Francia, Belgio, Olanda, cioè l'antica Gallia. Così adesso è lui, primo Gallo fra i Galli, minuto e arguto come un Asterix, ad aver bisogno a tutti i costi di bere la pozione che lo renda invincibile. Perché la bufera esplosa dopo la frase pronunciata in visita a Copenaghen è l'ultimo scivolone che danneggia l'immagine presidenziale dopo le dimissioni, appena 48 ore prima, e a sua insaputa, del ministro della Transizione ecologica Nicolas Hulot e dopo l'estate calda segnata dallo scandalo sulla guardia del corpo Benalla.

«Le mie erano affermazioni umoristiche» tenta di difendersi il capo dello Stato travolto in poche ore dalle reazioni dei connazionali. Ma l'orgoglio francese è ormai ferito da quel paragone che brucia con i danesi, «questo popolo luterano che non è esattamente come il gallico refrattario al cambiamento». Senza rendersene conto, il presidente che tentava di compiacere i padroni di casa danesi lodando un modello economico che combina flessibilità sul lavoro a un welfare generoso, alla fine offende profondamente casa sua, la Francia. Ed è una doppia gaffe perché finisce per dividere più che unire proprio mentre il leader francese è in visita in Danimarca, prima tappa di un tour europeo che andrà avanti fino al 20 settembre (proseguito ieri con la visita in Norvegia) nel tentativo di rafforzare il fronte europeista contro l'asse sovranista.

Così, mentre il presidente autoproclamatosi paladino della Ue torna ad attaccare da Helsinki Salvini & Co, in un'escalation che va avanti da mesi e non accenna a sopirsi, in patria sotto accusa finisce lui. Macron cita il crollo di Genova e chiede di non cedere «alla volontà di chi vuole prendere la Ue in ostaggio, di non cedere alla demagogia di chi dice che tutti i problemi vengono dall'Europa: un ponte crolla è colpa dell'Europa, siete preoccupati dalle migrazioni che arrivano dall'Africa? È colpa dell'Europa». Ma a Parigi se ne infischiano delle sue buone parole e picchiano giù duro. «Tra la negazione dell'identità francese e un nuovo insulto al popolo francese, il presidente Rothschild ha nuovamente superato se stesso», dice Fabien Di Filippo, deputato dei Républicains. Dall'ultradestra anche Marine Le Pen non perde occasione di ricordare «che i Galli saranno felici di rispondere all'arroganza del presidente», che come al solito «mostra disprezzo per i francesi quando si trova all'estero».

E in effetti, mentre il capo dell'Eliseo si affanna a spiegare di amare «la Francia in tutte le sue componenti, amo queste tribù di Galli, amo ciò che siamo», mentre il portavoce del governo spiega che i «refrattari» a cui si riferiva Macron sono i partiti politici, i connazionali gli ricordano del vizietto di denigrare il suo Paese dall'estero, come quando in Romania definì la Francia «irriformabile» e dalla Grecia promise di non voler cedere a «pigri» e «cinici».

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