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E per Obama gli jihadisti non sono antisemiti

E per Obama gli jihadisti non sono antisemiti

Prima una disattenzione verbale. Poi una negligenza messa per iscritto. La narrativa del presidente degli Stati Uniti in tema di guerra all'estremismo islamico è impermeabile a una parola: ebrei. Per Barack Obama l'antisemitismo non esiste: almeno non quello di origine jihadista che pure continua a insanguinare le strade d'Europa. Nel corso di un'intervista con Vox.com , il capo della Casa Bianca ha affrontato il tema con i giornalisti Ezra Klein e Matthew Yglesias. «Signor presidente - gli chiedono - ritiene che i media tendano a sopravvalutare i rischi del terrorismo islamico?». Domanda capziosa che ignora Tolosa, Bruxelles e Parigi, tanto per elencare tre recenti attacchi jihadisti contro altrettanti obiettivi ebraici in Europa. Anche l'attentato alla maratona di Boston dell'aprile del 2013 aveva natura islamica. Tant'è. «Assolutamente», risponde Obama attaccando a parlare di povertà, di mortalità infantile e di produttività dei raccolti. Concluso l'elenco dei problemi globali, il 44esimo presidente degli Stati Uniti ha un sussulto e torna sul tema: «Il mio primo compito è proteggere il popolo americano ed è perfettamente legittimo che questo si preoccupi quando un pugno di zeloti violenti taglia le teste o spara a casaccio in un alimentari di Parigi».

Obama è sempre attento a pesare le parole e l'espressione « randomly shoot » non passa inosservata. «L'impiego del termine “casuale“ significa che il presidente nega la natura antisemita dell'attacco?», chiede un reporter durante un briefing alla Casa Bianca. «L'avverbio che il presidente ha usato - si contorce il portavoce Josh Earnest - significa che le persone uccise in quel tragico incidente non sono state uccise per chi fossero ma per il luogo dove si venivano casualmente a trovare». «E il fatto che l'alimentari fosse kasher non vi dice nulla?», insiste il giornalista. «Ho già risposto», chiude Earnest.

Uno scivolone può capitare a chiunque ma la perseveranza nello stesso errore alimenta il sospetto. Il presidente secondo cui i media esagerano l'allarme anti-islamico è lo stesso che ha chiesto al Congresso pieni poteri per combattere contro il Califfato in Siria e in Iraq. Nella sua richiesta Obama ha elencato le minoranze minacciate dai tagliagole del Califfo: cristiani, yazidi, turkmeni, fino a gli stessi musulmani che non abbracciano il fondamentalismo. «Nella risoluzione del presidente c'è la comprensione per gli attacchi che l'Isis conduce contro i musulmani, contro i cristiani e gli altri: manca però qualunque riferimento agli ebrei». Lo ha dichiarato alla Cnn Lee Zeldin, unico deputato repubblicano di religione ebraica. «Io sono impegnato alla sensibilizzazione contro la crescente ondata di antisemitismo», ha spiegato, invitando poi la Casa Bianca a usare bene le parole. «La strage di Parigi ci ricorda che l'Islam radicale vuole cancellare Israele dalle mappe. Il loro obiettivo non sono solo gli ebrei ma la nostra libertà, il nostro essere americani, l'intero il mondo occidentale». Non la pensa così Obama che solo una settimana fa ha paragonato le atrocità dell'Isis alle violenze commesse dai crociati e dall'Inquisizione. L'accusa di Zeldin getta benzina sul fuoco delle relazioni fra Obama e il mondo ebraico. Lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner, ha invitato il premier israeliano Netanyahu parlare al Congresso il prossimo 3 marzo.

I Repubblicani vogliono far sapere al presidente che non approvano la sua linea con l'Iran; allo stesso tempo vogliono tirare la volata a quel Netanyahu, in cerca di una rielezione il 17 marzo, che Obama non nasconde di detestare.

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