Cronache

"E pensare che dovevo fare esplodere il Ponte Morandi nel 2003"

L'ingegnere esplosivista: «Il dubbio più grande per le cariche, erano sotto il sole da martedì»

"E pensare che dovevo fare esplodere il Ponte Morandi nel 2003"

Lui e il ponte avevano la stessa età: ieri in sei secondi i loro destini si sono incrociati ancora. Danilo Coppe è l'ingegnere fra i massimi esperti internazionali di esplosivi che ha curato il progetto della demolizione del Morandi. Per tutti, però, è mister dynamite e nel suo istituto di ricerche a Parma ad accoglierti c'è un bel cannone. Ha all'attivo le più delicate demolizioni al mondo, compresa quella di un masso che incombeva su una diga in Marocco, dispensato come infedele autorizzato all'uso di esplosivi.

Come si è svegliato ieri mattina?

«Contento: in un modo o nell'altro sapevo che tutto sarebbe finito».

L'aspetto più duro?

«Il contesto urbano, le preoccupazioni per l'ambiente, ma soprattutto il ricordo e il rispetto per le 43 vittime. La pazienza dei genovesi era comprensibilmente al limite».

Molte cose potevano andare storte...

«Altroché! I detonatori: elettronici, arrivati dalla Spagna. Mai usati prima, o meglio: esistevano anche da noi 15 anni fa, poi non sono stati più omologati. Se ne usavano di altri tipi che però, in questo caso, non avrebbero garantito la giusta, millimetrica, sequenzialità fra gli inneschi delle cariche. Io li ho richiesti e li hanno ri-omologati ad hoc per il Morandi».

Un altro dubbio dell'ultimora?

«Le cariche: 500 kg di dinamite, altri 150 per le cariche idrostatiche, 700 posizioni differenti. Le abbiamo piazzate martedì. Alcune sotto il sole cocente. Altre immerse nelle vasche d'acqua. Hanno resistito...».

Avete fatto delle «prove generali»?

«Dieci mesi di lavoro, ma zero prove. Eravamo in presenza di una campata robustissima, rinforzata dai lavori di restauro, mentre l'altra era debole, proprio come quella ceduta ad agosto. Da un opposto all'altro: impossibile ricreare tutte le variabili».

Che cos'ha pensato premendo i «bottoni»?

«Era uno solo, con tutti i sensori collegati. Ho guardato un'ultima volta i monitor, come se tutte le cariche mi dicessero Ehi sono qui e sono funzionante. Poi ho premuto».

Dov'era? Poteva vedere il ponte?

«Per il lungo lo vedevo tutto. Ero all'imbocco dell'ultima galleria dell'autostrada».

Che si è «staccata» senza danni grazie al plastico posizionato dagli uomini del Col Moschin...

«Li considero fratelli, ci capiamo con uno sguardo».

Nel 2003 le avevano chiesto un progetto per demolire il Morandi, fece un preventivo, ma non se ne fece nulla

«Mi chiamarono non perché il ponte fosse instabile, ma perché già allora servivano 4 milioni l'anno per la manutenzione e si cominciava a pensare ad un'alternativa»

Dopo giornate così, che si fa? Magari si fa saltare un bianco emiliano

«Pensi che sono astemio».

Allora si guarda l'agenda per i prossimi impegni?

«A luglio discuterò in aula la nuova perizia sulla strage di Bologna».

Guarda ancora i film di John Wayne per «caricarsi»?

«No, mi è bastato farlo una volta, a 8 anni per decidere che questo sarebbe stato il mio lavoro».

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