Politica

E il pizzardone ultrà si becca il cartellino rosso

Punito il vigile immortalato dai cellulari a esultare con la curva. Ma merita le attenuanti

Massimo M. Veronese

Lo hanno trattato come uno Strootman qualsiasi, squalificato dopo il derby anche lui, e, per ora, peggio di Lulic che davanti a una telecamera ne ha dette di peggio del «che siete venuti a fa'...» scagliato contro il laziale umiliato. Espulso come uno che esulta togliendosi la maglietta, calandosi il passamontagna o prendendo a testate una panchina (è successo...). O come uno che corre sotto la curva avversaria mimando a larghi gesti le promesse elettorali di Madonna in caso di vittoria di Trump. Messo alla berlina che per un vigile, diciamolo, è il colmo.

Perché Otello Celletti, nome di fantasia ma non casuale, pizzardone in servizio allo stadio Olimpico per il derby non è riuscito a trattenere l'amore tifoso al gol secondo di Nainggolan che seppelliva nello scherno e nella sottomissione l'odiata Lazio. E per dimostrare al mondo che sotto la divisa non è vero che non c'è niente si è lasciato andare a un balletto che manco quelli di Gianluca Vacchi su Youtube, purché si sostituisca l'«enjoy» coi il più ruspante «che c'è frega der cileno, noi c'avemo Totti gol», slogan antico ma che rende l'idea. Il vigile urbano che, assegnato alla sicurezza di un derby vietato per sempre in notturna sennò Roma diventa come Beirut, esulta, saltella, corre, grida insieme agli ultrà della Sud, immortalato dai cellulari e imbucato come tutto ormai nella rete. «Celletti» è diventato un caso e pare non sia attenuante nel giudizio che lo aspetta il fatto che il calcio sia, come diceva Shostakovich, il balletto delle masse.

L'uomo rischia una punizione esemplare. Alla Pjanic: «È stato avviato un procedimento disciplinare nei riguardi del motociclista del Gruppo pronto intervento traffico che, in servizio al derby domenica scorsa presso lo stadio Olimpico, ha assunto in uniforme comportamenti da tifoso del tutto inopportuni e poco professionali,» ha dichiarato in una gelida nota Diego Porta, Comandante del corpo di polizia locale di Roma Capitale. Come si direbbe in gergo: è intervenuta la società. La colpa è anche dei cellulari che ormai ti spiano dappertutto, ti inseguono nell'intimità, ti colpiscono alle spalle perché esultare al gol sarebbe una manifestazione di privacy di gruppo, che andrebbe rispettata come quando reciti il padre nostro in chiesa con i fratelli. Ma la cosa, come ogni cosa superflua in Italia, divide. Desta preoccupazioni etiche e deontologiche, come sniffare la riga del campo o mimare un water dove leggere una rivista dopo aver segnato.

Così il vigile, praticando le schiette e rudi tradizioni curvaiole, è ora un idolo della rete, come nonna Annarella che inseguiva i politici gridando «ve comprate 'a ggente» o «perché nun mannate via tutti 'sti stronzi», il popolo del processo del lunedi che abita la rete lo ha eletto «uno di noi». Massì, chiudete un occhio, come fece Otello Celletti con Sylva Koscina pizzicata senza documenti nel film Il Vigile, appunto. Perché, come scriveva Camus, «non altro posto del mondo dove l'uomo sia più felice che in uno stadio di calcio».

Fidatevi.

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