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E in Rai arriva Verdelli commissario per le news

Blitz a sorpresa del dg Campo dall'Orto: l'ex direttore di Vanity Fair e Gazzetta coordinerà l'informazione di tutte le reti. Renzi mette il guinzaglio ai direttori dei Tg

E in Rai arriva Verdelli commissario per le news

In tutti i posti in cui è stato, ha avuto successo. Almeno finora. Perché nelle paludi della Rai sono andati a fondo in tanti. Anche i più bravi. Anche i più scafati. Anche i golden boy del giornalismo italiano. Insomma, da ieri Carlo Verdelli si è infilato nella prova più difficile della sua vita: ammodernare la tv di Stato, cambiare l'immagine e la sostanza dell'informazione pubblica.

Verdelli, già artefice dell'esplosione editoriale di Vanity Fair, già alla guida di un fortunato periodo della Gazzetta dello Sport, già papabile (e mai nominato) direttore del Corriere della Sera, attuale collaboratore di Repubblica, è stato nominato dal Consiglio di amministrazione nuovo responsabile dell'informazione Rai. Una figura nuova, mai esistita a viale Mazzini. La proposta, lanciata a sorpresa in cda dal direttore Campo dall'Orto ha avuto un solo voto contrario, quello del consigliere Arturo Diaconale, in disaccordo sulla forma con cui è avvenuta: è stata comunicata ai consiglieri solo poche ore prima del cda, e non due giorni prima come richiesto dalle regole.Verdelli avrà il compito di coordinare tutta l'offerta delle news e degli approfondimenti del servizio pubblico.

Con l'obiettivo di diversificare i telegiornali (tutti abbastanza simili), di organizzare meglio le redazioni, di evitare sovrapposizioni (come, per esempio, tre o quattro inviati sulla stessa notizia), di delineare meglio le missioni dei diversi canali (per esempio, facciamo delle pure ipotesi, un linguaggio più giovanile per il Tg2) e soprattutto di sviluppare l'area digitale sulle diverse piattaforme.In sostanza, un'operazione di accentramento delle decisioni. Mentre finora, i direttori dei telegiornali e dei canali di informazione (leggi RaiNews e web) agivano con una buona dose di autonomia (ovviamente, per quanto si possa essere liberi in una televisione da sempre governata dalla politica), ora dovranno rapportarsi a un responsabile unico. Che, almeno formalmente, non potrà mettere il becco sul contenuto dei singoli servizi giornalistici, ma che, alla fin fine, avrà il potere ultimo. Insomma, Campo Dall'Orto, con questa mossa, ha infilato il tassello principale dell'operazione per cui è stato chiamato: cambiare la Rai. C'è chi, a viale Mazzini e fuori, bolla questo cambiamento come un'operazione per portare la televisione di Stato nell'alveo di un'area politica ben precisa. Quella, va da sé, della sinistra renziana. Nei corridoi Rai si mormora: prima dovevamo rispondere a tanti interlocutori politici, ora a uno solo.

Opinione espressa anche da Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera. «Se queste sono le prime scelte effettuate dal direttore generale, sono più che fondate le preoccupazioni da sempre sollevate da Forza Italia, circa la riforma della governance Rai, che consegnerà alla tv pubblica un uomo solo al comando». Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, invece punta l'indice sulla scelta esterna alla tv pubblica. «In un'azienda che ha migliaia e migliaia di dipendenti, di capaci dirigenti, i nuovi vertici della Rai continuano a fare arruolamenti esterni. Si attua di fatto una privatizzazione strisciante della Rai al servizio del partito di Repubblica». Rincara Brunetta: «In questo modo il direttore generale mette una pietra tombale sulla riorganizzazione per newsroom dell'informazione Rai, rispetto alla quale, quasi un anno fa, la Commissione parlamentare di Vigilanza aveva espresso parere favorevole». In effetti, con questa scelta, viene mandata in soffitta l'operazione che aveva avviato Gubitosi di creare due newsroom (una che accorpava Tg1, Tg2, Tg3 e Rai parlamento e l'altra con Tg3, RaiNews e TgR).

Resteranno tutti separati, ma con un coordinamento unico.Invece, chi conosce Verdelli - e sono tanti i giornalisti che hanno lavorato (e sudato nelle redazioni con lui, noto nell'ambiente per lo stacanovismo e il perfezionismo) - lo dipinge come un giornalista tutto d'un pezzo, con una carriera che parla da sola e assicura che, se non avesse avuto rassicurazioni sulla totale libertà di movimento e soprattutto sulla reale volontà della mission di cambiamento, non avrebbe accettato la sfida. Sarà. Comunque la Rai è un osso duro. E può piegare anche i più tosti.

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